Chiusura della Visita pastorale a Gavoi

«Guardare in alto, lavorando insieme»

 

Non solo il bilancio di una settimana a Gavoi ma anche quello della Visita pastorale alla forania Nostra Signora d’Itria con le comunità di Ollolai, Lodine e Olzai: dal Vescovo l’invito a lavorare insieme con uno stile di famiglia e avendo il coraggio di investire sui giovani. Ma il primo atteggiamento, richiamato dalla liturgia, è quello della lode: «Ti lodino i popoli Dio, ti lodino i popoli tutti, credo che questo debba essere il canto quest’oggi per questa forania e in particolare per questa comunità di Gavoi» – sottolinea monsignor Marcia. Le strade del paese, tutte in salita, e la stessa conformazione delle abitazioni richiamano una immagine, «è quello che ho trovato dentro le vostre case – dice – in voi: la tensione a salire, ad andare in alto, a guardare in alto. Certo, ci sono anche dei problemi, però come abbiamo scritto nel Progetto Pastorale le sfide esistono per essere superate. E ho trovato in questa comunità la voglia di superare queste sfide».
La prima lettura racconta degli apostoli interrogati dalle varie comunità, sono costretti a fare il primo concilio della Chiesa, quello di Gerusalemme, «chi dice una cosa, chi un’altra… mi pare di vedere le nostre comunità – commenta il Vescovo –, forse invece dovremo avere il coraggio di darci una mano l’un l’altro. Questa comunità chiude oggi la visita pastorale ma la chiude anche la forania della Madonna d’Itria, siete quattro parrocchie, forse lavorando insieme riuscite anche a superare tante difficoltà. È il primo impegno che vorrei lasciare, verificate di non fare quattro isole, di poter lavorare insieme. Lasciate stare da una parte – suggerisce – quelli che possono essere i campanilismi, anche sotto l’aspetto della fede».
Poi confida di essere rimasto colpito dalla fede delle persone che «non smettevano di ringraziare Dio che si era fatto presente nella loro casa, nella loro famiglia, nella loro fatica della vita presente, nel dolore, nella malattia, è un punto di partenza che non dovete minimamente perdere e da cui partire per vincere ogni difficoltà. Le difficoltà ci sono, non neghiamolo, ma fate uno sforzo, non guardate ciò che è male, certo rimane ma non guardate il male che c’è, provate a volare alto e troverete che avete intorno anche tanto bene. Partite da lì – ribadisce – accordatevi per fare questo con lo Spirito – prosegue, rimandando alle letture – mettetevi insieme a pregare per lo Spirito. Il primo passo: pregate insieme».
I discepoli rivolgendosi alle comunità cristiane riaffermano di non voler imporre ai fedeli alcun obbligo se non “le cose necessarie”, osservare la parola di Dio affinché il Padre e il Figlio prendano dimora in loro. «Quale realtà più bella anche per noi, oggi?» domanda il Vescovo: «Lasciate stare tutte le altre chiacchiere, possiamo riempirci di parole, lasciamole stare, cerchiamo di osservare e di vivere quella Parola. E se viviamo quella parola saremo tempio di Dio, come persone, come comunità, come forania e come Chiesa».
Ancora l’invito, ripetuto con forza: «State uniti, e laddove c’è difficoltà maggiore, lì sforzatevi ancora di più, state uniti». Il primo frutto della Visita pastorale è annunciato nell’omelia, direttamente da monsignor Marcia: «Finalmente – dice – c’è un gruppetto di buona volontà che si mette al servizio della comunità per creare unità. È una bozza di Consiglio pastorale, è da anni che non l’avete. Oggi nasce il Consiglio pastorale, non è rappresentativo di tutti, lo so, ma incomincia a mettersi al servizio della comunità. È una sfida ma non siete da soli, è con lo Spirito che dobbiamo camminare, così come comunità riuscirete a superare tante difficoltà che ci sono. Innanzitutto io direi già grazie a questo gruppetto di persone che conoscendo le difficoltà che ci sono hanno creduto di poter dire sì a un servizio che sentono anche pesante ma cerchiamo come comunità di non appesantire ancora di più, diamo pure insieme una mano per poter trovare quella unità che facciamo tanto fatica a vivere».
Poi l’invito che lascia a tutta la forania, richiamando il Progetto pastorale diocesano. È l’impegno a lavorare insieme, a vivere in uno stile di famiglia, infine a investire sui giovani: «L’ho detto ai sindaci – racconta – ma se vale per la comunità civica tanto più per quella ecclesiale. Investite sui giovani aiutandoli a vivere la loro fede, incoraggiandoli, cedendo il passo perché loro crescano nella loro fede. In questo – conclude – non siete soli». Richiama infine il brano dell’Apocalisse, «sia Lui a illuminare il cammino verso la Gerusalemme nuova. Una città con dodici porte, ci stiamo tutti – afferma – c’è una porta anche per voi da qualsiasi direzione veniate. Nella sua casa ci stiamo tutti bisogna avere il coraggio di stare insieme». L’ultima parola è un invito a fare in modo che la Visita pastorale «non sia un evento chiuso ma che continui in uno stile nuovo di vita, non abbiate paura».
Da parte sua, il parroco don Gianfranco Nieddu, ha ringraziato il vescovo «perché come successore degli apostoli è venuto in mezzo a noi a toccare la carne viva del cristo in questa nostra comunità, dai bambini agli anziani ai malati, a tutti ha donato una parola di conforto di incoraggiamento.
Noi vogliamo ringraziarla per il bene che ha profuso in questa settimana». E se una settimana non basta per conoscere a fondo una comunità «che ha pregi e difetti – ammette – siamo disposti a metterci in cammino per creare qualcosa di bello, di nuovo, a camminare insieme parroco e parrocchiani, non solo parrocchiani, non solo parroco. Insieme è una parola che siamo chiamati non a pronunciare ma a vivere». Poi l’invito risuonato a volare alto, vale non solo per i ragazzi ma per tutti – ripete il parroco: «liberi di pensare con la nostra testa, liberi di fare le cose per Cristo ma sempre per il bene della comunità, senza colpi di testa ma con il solo fine del fare comunione». Le porte di cui parla l’Apocalisse non devono essere ostruite da guardie e gendarmi, «la chiesa è aperta a tutti e non ad una èlite, nel mio piccolo sono il garante della comunione». Infine il grazie «a don Michele, agli altri confratelli, a don Albino per la disponibilità nel servizio alla comunità di origine». Soprattutto il parroco ringrazia le dodici persone «che non hanno detto sì a me o al vescovo – ha sottolineato il parroco – ma hanno detto sì a Dio. È un compito arduo, ingrato, quello del servizio, ma è qualcosa di bello e di prezioso per costruire insieme e solo insieme. Per creare una nuova realtà, cieli nuovi e terra nuova che simo chiamati ad abitare già qui e già ora». (fra.co.)

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