Chiusura della Visita pastorale a Mamoiada

«Diffondete nelle vostre strade il messaggio di riconciliazione e pace»

Il vescovo invita a vivere le opere di misericordia secondo le esigenze delle nostre comunità

Il canto della grandezza di Dio, questa è stata in definitiva l’omelia con la quale il Vescovo ha chiuso la Visita pastorale a Mamoiada. Come un ritornello è risuonato un versetto del Salmo 8, , nella domenica in cui la misericordia è stata come «posta in trono» dalla liturgia. Oltre alla liturgia della Parola, la riflessione di monsignor Marcia è stata anche guidata dalla preghiera di Colletta che ha suggerito un impegno alla comunità: «O Dio, che non ti stanchi mai di usarci misericordia – recita il testo –, donaci un cuore penitente e fedele che sappia corrispondere al tuo amore di Padre, perché diffondiamo lungo le strade del mondo il messaggio evangelico di riconciliazione e di pace». Infine l’invito a vivere le opere di misericordia declinandole secondo le esigenze delle nostre comunità cristiane e civili.
«Quanto sei grande Dio». «Credo sia bello riprendere il Salmo ottavo – ha esordito il Vescovo –, lo sintetizzo: “Quanto sei grande”, parla dei bimbi, dei lattanti capaci di lodare Dio, e aggiunge “se guardo il cielo, le stelle che tu hai fissate, chi è l’uomo che di lui ti ricordi?” Se ciascuno di noi ponesse il suo nome direbbe “chi sono perché di me ti ricordi?”. Sei grande di una grandezza strana, in un modo che è impossibile imitarti. Hai perdonato Davide – ha detto riferendosi alla prima lettura –, ti rendi conto cos’ha combinato? ha ammazzato un uomo solo per il gusto di prendersi sua moglie… e tu l’hai perdonato: “Non morirai”. Hai perdonato quella donna che il Vangelo ci ha mostrato, quella donna di strada “ti sono rimessi i tuoi peccati”. Quanto sei grande. Ma quanto sei grande che perdoni me e sai che tutto non combino o ho combinato nella vita… ti sei innamorato di noi e hai voluto ciascuno di noi, i sacerdoti, e pensate a voi, al matrimonio, al sacramento della nuzialità: lo meritavate? Dovremmo lodare Dio – ha proseguito – guardando questo amore infinito che lui ha a perdonare continuamente. Quante volte vi siete confessati nella vita? Avete cambiato molti peccati? Forse i peccati che abbiamo commesso sono ciclostilati, sono gli stessi, ma lui ci perdona. Forse ne abbiamo combinato qualcuna grossa, e lui ci perdona. Guardate il figliol prodigo, su quella sozzura che aveva addosso il padre l’ha rivestito a nuovo, appena visto l’ha abbracciato così sporco, non gli ha “fatto schifo”, ma neppure noi “abbiamo fatto schifo” a Dio».
È poi ritornato al Vangelo di Luca, con quella donna che in casa del fariseo piangendo bagna i piedi di Gesù asciugandoli poi con i suoi capelli: «Chi ospita Gesù – ha commentato monsignor Marcia – è peggio di lei, si mette a giudicare, come noi quando giudichiamo il prossimo. “Se sapesse che donna è quella che lo tocca” – pensa il fariseo, e dubita già che sia profeta, anche noi siamo così, peggio di quel fariseo. E Gesù perdona quella donna e perdona il fariseo».
A conclusione della Visita pastorale ecco un impegno, quello richiamato dalla preghiera di Colletta, «l’impegno di essere nelle strade del mondo messaggio evangelico di riconciliazione e di pace. Coscienti per poter far questo di quanto Paolo dice scrivendo ai Galati, sapendo cioè che l’uomo non è giustificato dalle opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo. Non siamo giustificati perché siamo bravi ma perché Dio, Cristo ci ha resi giusti – ha ancora affermato il Vescovo prima di soffermarsi su un esempio culinario che rendesse in parole semplici le parole di Paolo: «La bellezza del raviolo è in quello che c’è dentro, non nella scorza. Noi a volte siamo cristiani di scorza, dentro non siamo neanche uomini. Ecco l’errore nostro. Dobbiamo essere uomini. Ci vestiamo di cristiani e dentro… Paolo ce lo dice chiaro: l’uomo non è giustificato perché dentro è bravo, no, siamo peccatori. E Dio è grande perché non guarda il mio peccato. Quale può essere il nostro peccato più grande? fate conto di uno ancora più grande, non raggiungiamo mai la misericordia infinita di Dio. Se io mi pento, se noi ci pentiamo ecco la grandezza dell’amore infinito di Dio. Paolo dice se siamo giusti lo dobbiamo solo esclusivamente alla sua misericordia. Ecco perché abbiamo chiesto al Signore un cuore penitente, perché forse sto già peccando ora, siamo di una fragilità unica… ci vuole poco. Un cuore capace di dire “Signore io sono un poveraccio dammi una mano tu”. E un cuore che sia fedele. Tutto questo per diffondere il messaggio evangelico di riconciliazione e pace».
Infine il richiamo alle opere di misericordia corporali e spirituali, richiamato anche da un cartoncino consegnato a tutti al termine della celebrazione. Provate ad adattare queste opere – ha suggerito il Vescovo – alle esigenze di questa comunità. Per esempio, “visitare i carcerati”: come possiamo? Guardate che avete persone carcerate in casa, dalla malattia, dalla solitudine, perché non prendere l’impegno di andare a trovarle? Forse qualcuno non vi farà neanche entrare tanto è abitato a stare nella solitudine, perché non provare a bussare? È un battezzato, fa parte di questa chiesa. Vorrei – ha proseguito – che ciascuno di voi andasse oltre e verificasse: cosa possiamo fare noi, in questa comunità? Penso ancora “insegnare agli ignoranti”: quanta gioventù ha ignoranza delle cose di Dio, non demandiamo tutto alla scuola, pensiamo anche alla famiglia, alla comunità, bambini e ragazzi sono battezzati, fanno parte di questa famiglia, di questa Chiesa, forse spendere una parola d’attenzione per loro. E ancora consigliare i dubbiosi, perdonare le offese…»
La conclusione della Visita pastorale può essere allora «l’occasione per rivedere il nostro essere cristiani, il nostro essere oggetto della misericordia infinita di Dio ma nello stesso tempo essere noi strumenti, operatori di misericordia verso i fratelli della nostra Chiesa. Ciascuno di noi rifletta, chiediamo al Signore “dammi la mano perché possa capire cosa posso fare di queste opere e dammi la forza di farlo”. Mi piace molto – ha confidato infine – una giaculatoria che dice “Signore insegnami e aiutami ad amare come hai amato tu”, d’altronde è il comandamento che Lui ci ha dato, amatevi come io vi ho amato, Signore aiutaci ad amare come hai amato tu.
Al termine della Messa non ha voluto far mancare il suo ringraziamento il parroco don Luigino Monni: «Mi unisco – ha detto – alla lode al Padre di ogni misericordia per dirgli “Quanto sei grande, dandoci lo Spirito Santo e passando in mezzo a noi”. Dio non si è dimenticato del suo popolo presente a Orgosolo, Oliena, Fonni e Mamoiada e ha camminato con le tue gambe – ha detto rivolgendosi con il “tu” al vescovo Mosè –, parlato con la tua bocca, ha guardato ciascuno con i tuoi occhi. Ci ha benedetto, ci ha rivolto la sua parola, grazie a te che sei stato tramite di questa presenza di Dio e di Gesù nostro pastore. Non ti sei risparmiato, il tempo è stato brevissimo ma tutto concentrato, gli incontri si sono moltiplicati, gruppi, famiglie, ragazzi, giovani, uomini, donne, assemblee liturgiche. Spesso si è fatto preghiera il tuo parlare ma sempre era una preghiera di incoraggiamento. Non è mancato un momento in cui non hai pensato alla famiglia, credo sia stato il tema più presente in questi giorni, ricordandoci che noi siamo famiglia di Dio chiamati all’unità a testimoniare l’amore di Dio nel mondo, è stato anche il messaggio finale. La misericordia come mandato per noi. Grazie perché sei stato tramite di tutto questo in questi giorni».
Il parroco ha poi ricordato come sia salita anche una invocazione della società civile: «don Lugino non si stanchi di dare speranza», dicevano in paese. «Ecco – ha commentato il parroco di Mamoiada – c’è bisogno di un supplemento di speranza, di amore, di fiducia, di ripresa, e questo ce l’ha donato lei in questi giorni: non si è accontentato di sapere che punto siamo ma ci ha indicato delle mete, delle mete alte. Grazie».
Ha poi voluto lasciare il suo messaggio anche il vicario della forania e parroco di Oliena, don Giuseppe Mattana, che ha ricordato come le comunità abbiano potuto apprezzare «la paternità e umanità» del Vescovo, incontrandolo nelle case, e di come siano chiamate ad accogliere l’invito alla comunione per la realtà ecclesiale e civile. Quella comunione che è testimoniata dai sacerdoti della forania che si impegnano a proseguire nella collaborazione.
L’ultima parola ancora al Vescovo, «Un grido di speranza: i bambini i giovani, quella è a vostra speranza! Dovete giocare tutto su di loro!» Così si è chiusa una settimana che si era aperta con la celebrazione di tre battesimi, sotto il segno della speranza. (fra.co.)

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