Chiusura della Visita pastorale a Orani

«Con il vostro sano orgoglio siate il sale della comunità»

Il saluto del vescovo Mosè Marcia alla parrocchia di Sant’Andrea

«La comunità ecclesiale, pur distinta, fa parte inte- grante di quella civica e se la comunità civica funziona ma- le vuol dire che anche quella ecclesiale non funziona bene». Questo concetto è stato al centro dei sei giorni trascorsi a Orani da monsignor Mosè Marcìa, con la visita pastorale nelle parrocchie della diocesi di Nuoro ripresa, dopo la pausa estiva, dalla forania della Madonna di Gonare. Nella comunità di Sant’Andrea, accolto dal parroco don Riccardo Fenudi, il vescovo domenica 11 settembre ha iniziato i suoi impegni cresimando nella mattinata un nutrito gruppo di ragazzi e celebrando nel pomeriggio un’altra funzione, alla presenza dei parroci della forania, nella chiesetta in cima al monte Gonare.
Le giornate seguenti sono state scandite, oltre che dagli appuntamenti specifici previsti dal programma, dalle visite alle famiglie, con un particolare riguardo per i malati e gli anziani e una serie di contatti improvvisati e poco formali che, come si è visto anche nelle precedenti tappe, rappresentano la caratteristica principale di questo calarsi da parte del vescovo nelle realtà dei paesi. Un aspetto sottolineato nel saluto finale anche da don Riccardo Fenudi: «Eccellenza, mi permetta a nome delle suore, dei gruppi ecclesiastici presenti in parrocchia e di tutto il popolo cristiano di Orani, una sola parola: grazie», ha detto il parroco di Orani. «Grazie per tutto quello che ha fatto e, soprattutto, perché si è dimostrato veramente un Pastore degno di Gesù. Le sue parole, il suo modo di rapportarsi con le persone, le cose che dice, le cose che fa, ci parlano di Cristo».
Tra i vari appuntamenti programmati (particolarmente toccante la visita alla Casa di riposo e il sostegno dato ai minatori della Maffei che vivono nell’incertezza per il futuro), monsignor Mosè è stato ancora una volta soprattutto un Pastore avvertendo a più riprese che il vero visitatore non era lui ma Gesù Cristo. Proprio per questo i veri frutti della visita pastorale si coglieranno in futuro, anche quelli derivati dall’esortazione a un maggiore impegno che coniughi la vitalità culturale dimostrata da Orani in questi giorni anche con la riscoperta delle radici della fede di cui si è parlato gettando le basi per il rilancio delle confraternite storiche del paese. Il tutto sintetizzato nell’omelia finale con una metafora: «Quando voi donne cucinate il minestrone – ha detto il vescovo di Nuoro – se non ci mettete il sale non ha sapore. Non riuscirete poi a togliere quel sale e se provate a cercarlo non lo troverete: non si vede ma si sente. Nella comunità civica, anche qui a Orani, la comunità ecclesiale deve essere questo condimento che dà gusto, dà voglia di vivere, dà senso, ma non si vede. Non si vede, ma c’è. E se non ci fosse sarebbe scialba».
Concetti fondati nella Messa conclusiva a Orani il 18 settembre e domenica 19 nell’inizio della visita pastorale a Ottana, anche sulle letture del giorno. A partire dalla lettera di San Paolo a Timoteo. «Paolo chiede prima di tutto “preghiere, domande, suppliche, ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere”», ha detto monsignor Mosè invocando una «preghiera aperta alla carità del mondo, dove la carità non è semplicemente tirare fuori qualche spicciolo, ma renderci responsabili degli altri. La nostra preghiera è interessarci dell’altro per poi sparire come il sale. È una carità per la comunità civica in cui siamo inseriti, per cui diventa preghiera politica e uso questo termine a proposito. La vera politica, l’interesse collettivo, non per far vincere questo o quello schieramento».
Su tutto però domina un interrogativo ulteriormente amplificato dal brano «provocante e provocatorio» del Vangelo di Luca sull’amministratore infedele e incentrato sull’impossibilità a servire due padroni. «Quale Dio io adoro, servo Dio o la ricchezza?», si è chiesto il vescovo, trovando una prima risposta nella realtà di Orani: «Sono stato dai vostri uomini in attesa di trovare una soluzione al problema Maffei. Certo c’è da preoccuparsi, ci mancherebbe, nessuno nega il diritto ad avere la dignità personale e il lavoro, tutt’altro, ma forse mettendo tutti insieme Dio al primo posto troveremo anche la dignità della persona che si concretizza nel lavoro». Nell’omelia non è mancato un richiamo al Giubileo della Misericordia e al perdono infinito del Padre: «Nel Vangelo di oggi l’amministratore infedele chiama i debitori e, continuando a imbrogliare, dimezza il loro debito. Dio per fortuna è un amministratore fedelissimo: quante volte mi sento dire da Gesù: “Mosè quanto devi? Prendi la tua ricevuta e scrivi zero”».
Infine i compiti a casa per il dopo visita pastorale, con il richiamo alle quattro virtù cardinali su cui costruire. «Mi chiedete – ha detto infatti il vescovo – come l’abbiamo trattata a Orani? Benissimo, mi sono trovato benissimo e ringrazio soprattutto le famiglie che mi hanno accolto. Cosa ha trovato a Orani? Ho trovato una cosa che vi dovrebbe proiettare nel futuro: avete una dimensione di orgoglio tutta vostra di essere oranesi da non confondere con nessun altro. Usatelo questo orgoglio per una crescita vostra, ma usatelo bene per crescere insieme con prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. La cosa più bella e positiva che ho trovato sono i vostri figli», ha aggiunto monsignor Mosè, «tutte le mattine alle 8.15 abbiamo fatto il “Buongiorno Ge- sù” e la chiesa per tre massimo cinque minuti si riempiva: quei bambini sono il vostro capitale, investite su di loro. Vorrei infine dirvi che il bene non è lontano: se aprite gli occhi riuscirete a cogliere davvero il Cristo vivo che abita in mezzo a voi, per favore dategli spazio: abitate e accompagnatevi con Lui e riuscirete davvero a vivere la comunità ecclesiale inserita nella comunità civica, sarete davvero quel sale che insaporisce. Non siate sfiduciati, Gesù c’è. Se lo scoprite, se lo vedete, se vi accompagnate con Lui, riuscirete dav- vero a trovare il gusto del vostro vivere».
Nel saluto finale, dopo gli affettuosi ringraziamenti a don Riccardo, che «in questi giorni tutti di corsa mi ha fatto conoscere, anche di casa in casa, la realtà del vostro paese», monsignor Mosè Marcìa ha benedetto in particolare le famiglie «figlie di questo secolo, figlie del difficile momento che stiamo vivendo. Però avete delle famiglie buone: potenziatele e siate capaci di testimoniare la bellezza dell’essere famiglia perché la società possa vedere che è bello e si può essere famiglia come Dio comanda. Vi benedico perciò an- che pensando alle vostre belle famiglie, a quelle, come ho visto, che assistono gli anziani in casa e alle persone che si occupano degli ospiti della casa di riposo, ma anche a quelle famiglie che sono lì, titubanti, che credono e non credono al loro ruolo. Che il Signore davvero aiuti questa comunità a cresce nell’amore umano e nell’amore partecipe di Gesù Cristo».

Michele Tatti

condividi su