Da qui in cammino verso Firenze

Anche la diocesi di Nuoro ha intrapreso il proprio percorso di avvicinamento al prossimo Convegno ecclesiale nazionale che si celebrerà a Firenze nel mese di novembre. Scelti i delegati che insieme a lui parteciperanno all’evento, il Vescovo Marcia ha invitato monsignor Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e vice presidente del Comitato preparatorio del convegno, a presentare il tema dell’assise fiorentina: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Monsignor Raspanti si è soffermato in particolare sulla testo che accompagna il cammino verso il Convegno, una Traccia nata grazie ai contributi delle varie diocesi italiane, un documento aperto che vuole stimolare un coinvolgimento diffuso e i cui destinatari sono gli operatori pastorali, sacerdoti, religiosi e laici. A loro era anche rivolto l’invito all’incontro tenuto nei locali della parrocchia San Francesco.

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«La stagione convegnistica è ormai vista con una certa disillusione – ha esordito monsignor Raspanti –, troppa teoria, troppi discorsi, per questo è opportuno non caricare il Convegno di un’attesa eccessiva. Ma questa assise – ha proseguito – può essere un momento di unità in cui si può rilanciare qualcosa, innescare delle dinamiche che non si fermino ai giorni di Firenze, intercettare processi che nelle diocesi già ci sono o che hanno bisogno di essere sbloccati». Questo deve essere fatto guardando alle esperienze, perché «occorre incidere nella realtà, non fermarsi al piano delle idee», come ha detto ai Vescovi italiani papa Francesco.
Il metodo. Ma come è nato il testo della Traccia? Si tratta di un documento provocatorio – ha spiegato Raspanti –, nato dall’osmosi fra centro e periferia per allargare la partecipazione, anche con le nuove tecnologie. È stato chiesto alle diocesi di indicare esperienze che raccontassero una vita illuminata dalla fede. Sono venute fuori storie ordinarie e straordinarie, duecento schede riassunte nella prima parte della Traccia. «Nonostante il periodo di generale crisi economica, morale, culturale, nonostante questa situazione di depressione, le diocesi hanno risposto con grande entusiasmo, abbiamo visto un tessuto italiano e cattolico vivo – ha commentato il Vescovo siciliano –, con la voglia di accettare le sfide e la voglia di resistere con il senso di responsabilità del fattore coesione sociale». Tutto questo è stato definito il “di più” dello sguardo cristiano.
Lo scenario dell’annuncio. Umanesimo è un termine a rischio, difficile, forse astratto. Si è assistito, nell’arco del passaggio dalla modernità alla contemporaneità, da una visione positiva del singolo, da una grande fiducia a uno svuotamento del soggetto, a una disillusione totale, al nichilismo pratico del ‘900. La seconda parte della Traccia dipinge allora la situazione degli umanesimi di oggi, da un transumanesimo – andare oltre l’uomo, per esempio attraverso le tecnologie che ne potenziano le possibilità – a un post-umanesimo nel quale l’uomo diventa unità di misura di tutto vivendo nella completa autoreferenzialità che porta a una totale corrosione dei legami sociali e della responsabilità sociale. «L’uomo si costituisce come valore, ma a partire da che cosa? A partire da se o a partire da altri?» – ha chiesto monsignor Raspanti. Diventa necessario sottolineare il dato umano che tutti siamo figli, non riconoscerlo impedisce di riconoscere chi siamo. Sentirsi figli presuppone la genitorialità, significa riferirsi a qualcuno.
Le ragioni della nostra speranza. La parte centrale della Traccia è dedicata alla figura di Cristo, è da Lui che l’essere umano riceve luce e senso. Chi è l’uomo? La risposta è contenuta in una definizione? È un’idea? Quando guardiamo Gesù di Nazareth come rispondiamo? «Se crediamo che Gesù rivela l’uomo all’uomo allora non è un’identità piatta, la conoscenza di Lui avviene nella misura in cui ci facciamo coinvolgere da Lui e facciamo il cammino con Lui. Allora – e torniamo al tema del Convegno – non ho un uomo da proporre, ho un annuncio da fare, una esperienza da compiere con gli altri uomini verso di Lui che è relazione perché è l’immagine ed è a immagine. In queste definizioni – ha proseguito Raspanti – cogliamo che l’essere umano a sua volta è una dinamica, non lo cogli se non in riferimento a un altro, con il relazionarsi a un altro: noi a Gesù e con Gesù al Padre».
La risposta alla domanda su chi sia Gesù non può essere soltanto di idee, è il sapere della Chiesa, la testimonianza. L’uomo nuovo è quello che nasce in Cristo, lo so e lo vivo come sale nell’intera società.
La persona al centro dell’agire ecclesiale. La quarta parte della Traccia indica come le ragioni dell’uomo e la prassi ecclesiale possano e debbano incontrarsi. «Se noi capiamo noi stessi e l’umano in Gesù vuol dire che Gesù è in grado di dare senso e verità a qualsiasi esperienza umana. L’agire ecclesiale deve vivere e portare questo trovare senso e verità, dobbiamo testimoniare che Gesù può rendere viva un’esistenza in ogni suo ambito, stare accanto a ciascuno e scoprire con ciascuno Gesù via, verità e vita. Per far questo – ha ammonito monsignor raspanti – occorrono scelte concrete, prese di posizione nette». Ma quali azioni compie la comunità credente per portare Gesù alla comunità degli uomini? La Traccia propone cinque verbi accompagnati da altrettante domande sulle quali anche le nostre comunità parrocchiali sono invitate a confrontarsi.
Il primo verbo è uscire. «Uscire – ha detto provocatoriamente il presule siciliano rivolgendosi al clero – non è dato fisicamente dall’andare altrove a fare la stessa predica, è una questione di apertura mentale, dipende dalle frequentazioni, dalle letture, dagli interessi che ho, se dalla mattina alla sera coltivo interessi legati alla prima comunione o al catechismo e poco più come sono in gradi di capire cosa accade intorno a me? Papa Francesco provoca e spiazza, imbarazza anche, ma l’invito a “uscire” cadrà nel nulla se nella testa di un sacerdote il 98% degli interessi è legato alla sacrestia, all’età per ricevere i sacramenti, alle tariffe, che prendono i ¾ delle assemblee di clero… manca la capacità di entrare nella vita concreta, di starci e di conoscerne le dinamiche, manca la volontà di acquisire una passione per l’umano».
Annunciare, poi, vuol dire indicare Gesù con parole e gesti, questo lascia un grande spazio ai laici per occuparsi delle realtà terrene. Così abitare significa interessarsi a ciò che ci circonda senza lasciarsi relegare nel ghetto dell’assistenza sociale: «Il mondo si rivolge a noi quando si parla di poveri, ammalati, emarginati e bambini e il resto non è cosa della Chiesa? L’impresa, il lavoro, i capitali, le progettazioni della città non riguardano l’uomo e il cristiano? C’è bisogno di una grande maturità laicale, ma con quale luce? Vogliamo stare nel mondo di oggi? Firenze può dare una luce ma il lavoro si fa qui, nelle nostre comunità, nelle diocesi».
Educare l’altro verbo: non riguarda solo mondo della scuola, della famiglia, ma si tratta di «consegna di valori da una generazione all’altra che fa la vera ricchezza».
Infine trasfigurare, il verbo meno immediato: «È il culto, non inteso solo come liturgia, ma sta nella capacità di rioffrire a Dio il mondo, il lavoro, le fatiche, gli affetti. Il culto è vita così come la liturgia è vita. Trasfigurare – ha concluso monsignor raspanti – è una luce e una speranza che non si spegne, pur nelle contraddizioni umane».
La sfida per la nostra Chiesa locale. «Oggi per noi è un punto di partenza, Firenze è oggi, qui» – ha detto il Vescovo Mosè Marcia al termine dell’incontro. «La discussione deve avvenire nei consigli pastorali parrocchiali, nelle associazioni e nei movimenti, poi verrà raccolto il frutto ma deve nascere lì, altrimenti che sinodalità c’è? Così come è stato per il Progetto pastorale. Il Convegno o avviene nelle nostre realtà altrimenti è già finito prima che inizi». I delegati – che insieme al Vescovo sono Teresa Mattu, Alessandro Murgia, Franco Murgia con la moglie Maria Antonietta Mula, Francesco Sanna, Laura Satta – «si mettono da oggi a disposizione per un servizio, per sensibilizzare, provocare, riflettere intorno ai temi del Convegno e soprattutto – ha concluso il Vescovo – per generare una risposta». La palla passa ora ai sacerdoti.

(f. c.)

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