Festa del Redentore, il coraggio della vera libertà

Grande folla di fedeli sull’Ortobene per la festa del Redentore. All’alba del 29 agosto è partito dalla chiesa della Solitudine il pellegrinaggio verso il Monte, alla presenza quest’anno dalla statua della Madonna di Loreto, immagine che accompagna i giovani italiani verso la Giornata mondiale della gioventu’ a Cracovia insieme al crocifisso di San Damiano, anch’esso presente in città in concomitanza della festa.
Alle 9 è stata celebrata la messa per i pellegrini ai piedi della statua del Cristo, alle 11 il solenne pontificale presieduto dal Vescovo alla presenza dei tanti giovani che hanno partecipato al pellegrinaggio.

Queste le parole del Vescovo.

Omelia per la festa del Redentore

di + Mosè Marcia

Festa del Redentore, festa «di una pazzia, di un’insensatezza, secondo i senza Dio, i pagani». Così afferma san Paolo scrivendo ai Corinti nella sua prima lettera dove prosegue: festa «dello scandalo, secondo quanti credono come i giudei»… Festa di un Dio che ha voluto morire in croce per salvare coloro che lo stavano crocifiggendo.

Ma questo è Dio? La nostra mentalità non sembrerebbe molto differente dal tempo in cui san Paolo scriveva ai Corinti! Anche oggi è pazzia, è insensatezza, accogliere tra noi chi soffre fame e persecuzione a causa della nostra atavica indifferenza: è forse più saggio lasciarli annegare nel mare o lasciarli asfissiare in un Tir o in un container. Come allora per i giudei osservanti, oggi è scandalo per noi accogliere e capire quanti, fratelli nella fede, hanno sbagliato nelle scelte della loro vita. Così come siamo restii al perdono e, con un fine ostracismo, li teniamo a debita distanza. La nostra memoria corta di credenti ci ha fatto dimenticare la parabola evangelica della trave nel nostro occhio e del moscerino nell’occhio del fratello.

È questa la nostra fede?

Voi giovani vi state preparando alla Gmg, la Giornata mondiale della gioventù dell’anno prossimo, a Cracovia. Il vostro cammino di preparazione è camminare con la Croce, «scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani». Avete però giocato d’astuzia: per facilitare il vostro cammino avete messo Maria al vostro fianco, a camminare con voi. L’avete messa in mezzo a voi, anzi oggi di buon mattino, nel pellegrinaggio da Nuoro all’Ortobene, vi siete messi al suo seguito mentre salivate verso “L’Uomo della Croce”, il “Redentore”, perché vi aiuti a trovare il giusto sentiero, perché vi dia la forza di percorrerlo e perché illumini la vostra libertà. Sì, perché la vostra vita, tutta!, ma ancor di più la vita di fede, è un gioco di libertà, un impegno di libertà: Gesù ci lascia liberi ed esige da noi libera adesione di vita, di intelletto e di azione, ai suoi progetti. La prima lettura ce lo ha ricordato: «Ora, se vorrete – se vorrete! – ascoltare la mia voce e custodire la mia alleanza, voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. Tutto il popolo rispose insieme e disse: “Quanto il Signore ha detto, noi lo facciamo”».

La via scelta, come preparazione alla Gmg, quella delle Beatitudini, è una via ardua ma è la via della vita, la via della felicità, è la via dell’amore. La via che Gesù stesso ha percorsa per primo e poi ha proclamata. È una strada tuttora di una novità rivoluzionaria, di un modello di felicità, opposto a quello del profitto e del tornaconto. In un mondo dove regnano interrogativi come a che serve?, cosa ne ottengo?, cosa ci guadagno?, ma mi conviene? E ancora: perché non posso farlo?, che male c’è?, non sono padrone di me stesso, padrona di me stessa? Con queste domande, con questi presupposti, non c’è spazio per le Beatitudini! Ma c’è tanto spazio per la disoccupazione, per il fallimento delle fabbriche e delle imprese, per i villaggi della vergogna, per il caporalato che lo sostiene. Non c’è spazio per l’amore, ma ce n’è tanto per l’egoismo, per il rispetto dell’altro, per lo sfruttamento e l’impoverimento della stessa dignità della mia persona, della persona dell’altro. Non c’è spazio per l’amore, ma ce n’è tanto per buttare alle ortiche la mia stessa dignità umana. Sono interrogativi che pongono e tengono l’uomo e la sua dignità sotto il controllo e il tornaconto di pochi.

«Quanto il Signore ha detto, noi lo facciamo». «Beati i poveri di spirito, di essi è il regno dei cieli… Beati i puri di cuore perché vedranno Dio…». Questi Beati per Gesù sono i perdenti, i deboli, fanno parte dello scandalo della Croce. Il mondo invece vuole il successo a ogni costo, vuole il benessere, l’arroganza del potere, l’affermazione di sé a scapito degli altri. Quali strade vogliamo percorrere per arrivare alla vera gioia? Dobbiamo avere il coraggio della libertà, della felicità. «Non dobbiamo vivacchiare, ma vivere», ricordava papa Francesco citando Piergiorgio Frassati, morto nel 1925 a 24 anni.

Stiamo celebrando la festa del Redentore, quindi riconosciamo in Lui colui che ci ha salvati e ci salva. Ne siamo certi. Davanti al crocifisso di San Damiano (questa a fianco dell’altare portata da voi giovani oggi in pellegrinaggio ne è una copia), Francesco d’Assisi riconobbe la grandezza di Dio e la propria condizione di minorità: pregava davanti al crocifisso per ore, chiedendosi «chi sei Tu?, chi sono io?». È in questa sua minorità, in questa sua piccolezza che san Francesco ha potuto incontrare l’altro, ha amato il povero, ha abbracciato il lebbroso.

«Come vivere le beatitudini, a partire da quella della povertà?», si chiede papa Francesco per rispondere: «Vivendo liberi, libertà dalle cose. Vivendo nella sobrietà. Dicendo no al consumismo». L’usa e getta vissuto con le cose può creare, e spesso crea, stile anche nelle nostre relazioni basate sull’utilizzo a proprio fine delle cose e delle persone.

Una commessa qualche giorno fa scriveva su un giornale locale: lavoro full-time, vengo retribuita con contratto part-time, se mi lamento scatta il mobbing. Non è forse questa vera schiavitù del terzo millennio? nella nostra Regione?

Condanniamo giustamente gli scafisti e qui, in casa nostra, abbiamo il caporalato! La libertà dalle cose e la libertà interiore della mia persona umana ci fa vivere l’essenzialità, rifiutando il superfluo e l’inutile. Ci fa scoprire l’amore. Fa nascere in noi la cultura della solidarietà e della condivisione rifiutando l’assistenzialismo che, narcotizzando la dignità umana, genera dipendenze di vari tipi: tiene in caldo la disoccupazione, provoca emigrazione e spinge al relativismo. Nell’enciclica “Laudato sì” papa Francesco ha parole molto forti contro questo relativismo e ammonisce che «la cultura del relativismo… spinge una persona ad approfittare di un’altra e a trattarla come un oggetto. È la stessa logica che porta a sfruttare sessualmente i bambini o a abbandonare gli anziani che non servono più ai propri interessi».

Festa del Redentore, festa della misericordia di Dio. Quella misericordia che riaccende in noi una luce fra tante tenebre. Anche noi che ci diciamo credenti e in certi momenti ci illudiamo di essere uomini di fede, disattendiamo le Beatitudini quando decliniamo altre parole col nostro stile di vita: profitto, carriera, efficienza, comodità, intolleranza, interessi privati vari…

La causa vera, unica? Sta nel mio cuore, nel nostro cuore. «Ciò che proviene dal cuore rende impuro l’uomo», ci ricorda l’evangelista Matteo (Mt 15,17-19), «dal cuore infatti provengono propositi malvagi, omicidi, adulteri, impurità, furti, false testimonianze. Queste sono le cose che rendono impuro l’uomo». Non ho forse un cuore ricco, ma forse ho un cuore da ricco. Un cuore da padrone, che mi fa sentire padrone assoluto della mia vita, che mi pone dinanzi alla mia vita come uno che deve difendere il proprio interesse anziché accogliere e rispettare l’altro come un mistero, accoglierlo nel suo mistero.

Se il mio cuore fosse veramente umile e povero la mia vita sarebbe tanto diversa, pur con tutte le sue fragilità. Come fare per coltivare un cuore povero e puro? Coltiviamo, vi lascio sei parole su cui riflettere, la semplicità, la mitezza, la giustizia, la limpidezza, la trasparenza, la non violenza. Venendo dal Monte portiamo con noi il nostro Redentore, colui che ha vinto il male, e Sua e nostra Madre: «Fate quello che vi dirà…».

«Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo», urlava Giovanni Paolo II. E papa Francesco ci esorta: non lasciamoci rubare la speranza, non lasciamoci rubare la comunità (gli altri che sono parte di me), non lasciamoci rubare il Vangelo. Con il cuore povero, ricco solo di Cristo, con a fianco Maria, cambieremo il mondo. E a voi, giovani carissimi, con papa Francesco dico: «Non andate in pensione a vent’anni. Datevi da fare!».

Monte Ortobene, 29 agosto 2015

 

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