La chiusura della Visita a Beata Maria Gabriella

«Essere esempio di unità vivendo la sapienza dell’amore»

 

Una sfida: «Siate esempio di unità». Al termine della Visita pastorale nella parrocchia di Beata Maria Gabriella il Vescovo ha voluto lasciare questo messaggio alla comunità, quello di seguire l’esempio della Sagheddu, la beata dell’unità della Chiesa. Vi voglio sfidare – ha detto monsignor Marcìa: fate in modo che se uno ha un dubbio su che cosa vuol dire essere una cosa sola, fate in modo che io Vescovo possa dire “andate alla Beata Maria Gabriella”. È una sfida alla comunità perché possiate essere davvero una realtà sola così da sentire il gusto di esser una famiglia. Ci son qui diverse espressioni della carità – ha proseguito –, la tensione ad essere luce e sale, ma fate in modo che non siano pochi a sentirle proprie ma la comunità tutta. Vi do dunque la benedizione perché possiate attuare questa sfida e possiate davvero condividere insieme con fatica la vostra fede manifestata fino in fondo con atti di amore».
E proprio l’amore è stato il filo conduttore della riflessione nell’omelia, rivolta ai ragazzi che di lì a poco avrebbero ricevuto la Cresima e agli adulti che facevano loro da corona.
«Una parola apparentemente semplice, di fatto complessa – ha esordito monsignor Marcìa: secondo voi è facile o difficile amare? Gesù ci ha amato? Per amarci è finito in croce, già questo basterebbe per dirci che non è semplice amare». La sapienza di Gesù – ha proseguito riprendendo la preghiera di Colletta – «sta tutta su quella croce, a nessuno di noi piace salire sulla croce, perché noi abbiamo un’altra logica, quella del tornaconto, del “chi me lo fa fare”, “ma cosa ci guada- gno”… invece la follia della croce è perdere se stessi».
L’immagine del sale, utilizzata da Gesù nel Vangelo, è utilizzata anche dal Vescovo con un esempio tratto dalla vita quotidiana: «Quando cucinate e salate l’acqua per cuocere la pasta il sale non lo trovate più, si sente il gusto ma non lo vedete. Gesù ci dice che dobbiamo essere luce e sale, cioè che ci dobbiamo squagliare per dare sapore, l’amore dà sapore, siamo capaci di amare quando saremo capace di squagliarci, non di squagliarcela, ma di scioglierci. Questo non è facile perché bisogna morire, non esistere più. Dare sapore è sparire, fare del bene è sparire». Solo in questo modo si diventa persone giuste, come quelle descritte nella prima lettura e nel salmo responsoriale.
L’immagine della luce, sempre nel Vangelo, richiama al Vescovo un altro esempio, quello di un paese costruito sul monte, «dovrebbe essere così la nostra vita – ha commentato il Vescovo. Dobbiamo essere capaci quando qualcuno di noi sente la difficoltà, di poter guardare il prossimo, l’altro, e lasciarci illuminare dall’altro. A chi non capita di non capire granché della nostra vita? Tante volte sono io che non capisco e allora ho bisogno di voi-luce. Siamo mandati l’uno all’altro per essere luce, per capire di più della nostra vita, siamo mandati l’uno all’altro per essere sale, per dare gusto al vivere».
Lo stesso sono chiamati ad essere gli adulti per i ragazzi che ricevono la Cresima: «Questi ragazzi che gusto hanno nella loro vita? È tutto chiaro nella loro vita? dove siamo noi adulti per dare sapore al loro vivere? Siamo preoccupati giustamente per la loro adolescenza, ma come gruppo, come comunità di Beata Maria Gabriella, cosa stiamo facendo per questi ragazzi? Che società stiamo preparando?» – domanda monsignor Marcìa. È una questione di responsabilità, «siamo qui – ha proseguito – per fare contorno o per dire ai ragazzi “coraggio, ci siamo anche noi che ti diamo gusto e luce per il tuo vivere”. Ecco il Vangelo di oggi, siate luce e sale. Dovremo proprio imparare questo. La prima lettura è chiara, dice chi è il giusto facendo l’elenco delle opere dI misericordia corporale. Ancora, se volessimo guardare la seconda lettura, Paolo non parla di sapienza, la vera predicazione non è nel parlare, dice, è là nel crocifisso, lì è la nostra sapienza, donarci agli altri come si è donato lui, è questo il vero amore. Quella è pazzia di cui parla Paolo».
Le parole di un canto di Pino Fanelli, “Fammi diventare amore” suggeriscono la preghiera e l’invito finale: «Cari fedeli, fratelli nella fede, questa è la nostra missione, sia questa la preghiera che oggi dobbiamo fare tutti al termine della Visita Pastorale: Signore insegnami e aiutami ad amare come hai amato tu, fammi davvero diventare amore, seguace di un Dio amore». Parlare di amore richiede coraggio, a rischio di essere fraintesi – ha concluso il Vescovo: «Signore aiutami ad amare come hai amato tu, a non vergognarmi della croce, a non aver paura della pazzia della croce, aiutami a vivere la sapienza dell’amore».
Al termine della celebrazione il parroco don Pietro Borrotzu ha voluto ringraziare il Vescovo per la Visita pastorale «conclusa con un momento così importante e significativo per la nostra vita parrocchiale, lo ringraziamo per questa visita in mezzo a noi, per questa esperienza intensa che abbiamo vissuto e per il dono dello Spirito Santo effuso su questi giovani». (fra. co.)

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