La chiusura della Visita a Dorgali e Cala Gonne

Lavorare per l’unità sull’esempio della Beata

 

L’invito alla comunione per arrivare a creare una sola comunità di fede

Non poteva che nascere a Dorgali una Beata come Maria Gabriella, in una comunità che ha nel proprio dna il carisma dell’unità. Quello stesso carisma che è necessario mettere in moto sempre di nuovo, per fare comunione tra le due realtà di Dorgali e Cala Gonone, unite dal punto di vista amministrativo, una sola comunità di fede. Questo è il messaggio più importante che il Vescovo ha voluto lasciare al termine di quindici intensi giorni sulle montagne russe, su e giù per i tornanti che separano il centro e la sua propaggine marina. Due settimane segnate da incontri che volutamente mettevano insieme le varie realtà presenti nelle due comunità, come ha ricordato all’inizio della celebrazione, rivisitando i giorni precedenti, il parroco di Cala Gonone don Pietro Puggioni.
Da parte sua monsignor Marcia non ha voluto distaccarsi, nella propria riflessione, dal messaggio della Parola di Dio. «Si avvicinarono a Gesù, racconta il Vangelo, alcuni Sadducei, sono brave persone solo che non credono alla resurrezione dei morti, per cui pongono una domanda a Gesù sul caso della donna sposa di sette fratelli. E per questo non riconoscono il libro dei Maccabei come ispirato, perché si parla della resurrezione dei morti. Abbiamo sentito nella prima lettura, tratta appunto dal libro dei Maccabei, come i sette fratelli si difendono davanti alla morte, l’abbracciano perché sanno che c’è la vita eterna. Ai Sadducei si contrappongono i Farisei, sono brave persone, sono i separati, i puri e noi sappiamo come Gesù li tratta. Abbiamo due sette tutte e due che vogliono il culto e amano il vero Dio ma in un modo proprio e il modo che hanno non è quello di Gesù. Ai Sadducei risponde con una affermazione, Dio è dei vivi non dei morti». A partire da questa premessa una domanda: «Che concetto abbiamo noi di Dio? – ha chiesto il Vescovo –, è il Dio di Gesù o un Dio tutto nostro? Perché questa domanda? Ci possono essere delle persone che amano Dio e se siamo qui dentro oggi amiamo Dio, certamente, come i Sadducei come i Farisei amavano Dio e lo volevano servire. Anche noi, ma quale Dio? Il Dio Padre di Gesù? Cristo è vivo – ha proseguito – , tutti ci crediamo ma chiediamoci “quel Dio che stimo, credo vivo è davvero il Dio Padre di Gesù o è un Dio sulla mia idea, a mia misura, un Dio che mi sono fatto io?».
Una constatazione, di fronte a diverse centinaia di persone che hanno gremito la chiesa di santa Caterina d’Alessandria: «Siamo più di dodici, pensate che Gesù si è scelto non certo i migliori, umanamente parlando, eppure con quei dodici ha trasformato il mondo. Noi siamo più di dodici e alla fine della Visita pastorale do il mandato a tutti voi, trasformiamo non certo il mondo ma almeno Dorgali». Come fare? È necessari ala coerenza, non da Sadducei e Farisei ma da cristiani, «insieme, nel Cristo, trasformiamo la faccia della terra. Proviamo a convertirci noi, e come? Solo con l’unione possiamo realizzare qualcosa. Solo mettendoci insieme».
L’esempio è quello di Maria Gabriella, «avete una beata che spinge per lavorare insieme – ha ricordato monsignor Marcia – , vi spinge all’unità, vi dice “per favore non siate né Farisei né Sadducei, siate di Cristo, del Cristo vivo, risorto».
Pensando ai giorni vissuti facendo la spola tra Dorgali e Cala Gonone il Vescovo ha ricordato gli ammalati, le famiglie, i bambini e rivolgendosi al sindaco in prima fila ha detto ciò che anche altrove ha ripetuto in questi mesi: «Se avete qualcosa da investire, investite sui ragazzi! È bello vedere i vostri figli, nelle scuole, sono attenti, partecipi, è un tesoro». E pensando a quella strada percorsa ogi giorno ha proseguito: «Lo so, dipendete dalla stessa amministrazione ma anche come comunità di fede siate uno, lavorate in unione, insieme. Ecco ci sono anche altre realtà belle, la capacità di mettervi insieme a lavorare, ce l’avete dentro, nel dna, capisco perché una beata per l’unità possa nascere in questa comunità, ma non lasciatevi vincere da altre tensioni.
Nel lavoro, nell’impegno sociale e anche ecclesiale, nella fede, affrontate insieme anche le difficoltà. Sono occasioni di crescita, cerchiamo di non mettere altri intralci, aiutiamoci a portare il peso l’uno dell’altro, camminiamo insieme».
Le altre parole che ha voluto lasciare alla comunità sono quelle stampate sulla copertina dei Vangeli distribuiti alle famiglie, “Nulla ci tolga la gioia della speranza”, come ha scritto Francesco nella Evangelii Gaudium e ancora le parole di Paolo, quelle della seconda lettura, nella lettera ai Tessalonicesi. Parole che descrivono un Dio fedele: «Noi possiamo non credere in Lui ma Lui crede in noi – ha commentato. E allora non deludiamo questa fedeltà che il Signore ha in noi suoi figli, non sempre coerenti, non sempre attenti, un po’ disobbedienti. Possiamo sgarrare, possiamo dubitare, possiamo fare fatica ma il Signore non si stanca, Lui è fedele. E anche quando noi siamo tentati di non fidarci di Lui, Lui confida sempre in noi» – ha concluso.
Al termine della Messa, concelebrata anche da don Salvatore Angelo Nieddu oltre che da don Puggioni, il parroco don Michele Casula ha voluto ringraziare tutte le persone che hanno collaborato per la buona riuscita della Visita, a partire dal Consiglio pastorale, poi quanto hanno animato le celebrazioni, quanti hanno pregato, a partire dalle monache. Un grazie anche al sindaco Maria Itria Fancello per l’attenzione che ha mostrato e per la bella accoglienza all’incontro nella sala consiliare. Don Casula ha ricordato le visite agli ammalati, oltre ottanta, e alle famiglie in difficoltà e ancora gli appuntamenti con i bambini. Infine la condivisione tra confratelli sacerdoti, dal pasto alla preghiera, al camminare insieme. Così ha salutato il Vescovo, assicurando l’accompagnamento nella preghiera per il proseguo della Visita nelle altre comunità.
Da ultimo, non per questo meno importante, il richiamo all’appuntamento del 13 novembre quando, alla chiusura del Giubileo ci saranno in Cattedrale le ordinazioni diaconali. Toccherà anche a Emanuele Martini, da qualche tempo in aiuto proprio alla parrocchia di Dorgali e che dopo l’ordinazione tornerà da diacono nella chiesa di Santa Caterina.
Nel saluto prima della benedizione, monsignor marcia ha invitato a pregare non solo per le vocazioni ma anche perché «le famiglie siano accoglienti delle vocazioni, che ci sia un clima per cui i giovani possano rispondere, in famiglia come in parrocchia e nelle associazioni, senza questo clima non possono rispondere o non riescono perché noi adulti non glielo permettiamo». (fra.co.)

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