L’Ortobene n. 43 del 30 novembre 2014

La vetrina del nuovo numero del settimanale diocesano è dedicata alla questione del deposito cauzionale richiesto da Abbanoa che tanto ha fatto discutere in queste settimane e che colpisce pesantemente anche le parrocchie. L’editoriale è di Francesco Mariani, lo riportiamo sotto in anteprima.
Al centro delle pagine dedicate alla vita ecclesiale ampio spazio alla festa delle Grazie e all’intervista concessa al giornale da monsignor Giuseppe Mani, a Nuoro proprio per predicare la Novena nel santuario dei padri Giuseppini.
Un ricordo di Luca Tanzi, scomparso un anno fa, è quello del collega Mirko Pellino, in servizio con lui nel giorno tragico dell’alluvione.
Nelle cronache spazio all’agricoltura, a rischio i contributi dell’Unione europea che classifica da pascolo a bosco oltre 200 mila ettari di territorio.
Presentata infine anche l’iniziativa della Colletta alimentare che si svolge il 29 novembre in tutta Italia.

Un’estorsione mascherata
di Francesco Mariani

Dicono che l’acqua sia insapore ed incolore. Dicono, appunto. Perché, nel nuorese, il re dei liquidi ha un suo sapore che va dal gusto di ruggine a quello del cloro. Ed ha pure diversi colori come il rosso intenso, il marrone scuro, lo scarlatto. Certi giorni è frizzante, come gasata, altri giorni ha la condensa del calcare, quasi sempre ha il sentire de s’abba lamatza, dell’acqua stagnante. Vallo tu a spiegare che abba currente non frazicat brente (l’acqua che scorre non appesantisce lo stomaco).
Dicono che l’acqua sia un bene primario, indispensabile e pubblico. Lo è talmente che in diversi nostri paesi manca, anche per tempi insopportabili, magari in periodi focali per le attività turistiche, a causa di motivi più o meno prevedibili, ragionevoli, improbabili. Essa è indispensabile ed è vero: basti pensare a quanta acqua in bottiglia consuma ognuno di noi ogni giorno. In bottiglia non dal rubinetto. È come pagare due volte. Hanno voluto il gestore unico e la bolletta unica, il comunismo pratico ed iniquo. Capita così che i paesi sui quali ricade la servitù delle dighe paghino allo stesso modo di quelli ignari di cosa sia una diga. Si fanno (giustamente) le battaglie con l’Enel per fargli pagare un congruo prezzo per le dighe da lui utilizzate. Cosa dovrebbero chiedere i Comuni interessati dagli invasi di acqua potabile ad Abbanoa? Dicono che la rete idrica è un colabrodo. Dicono ed è vero. Ad una Regione che non riesce a dotarsi di una infrastruttura primaria cosa dobbiamo chiedere? Va bene, si fa per dire, per le carenze ataviche, i treni, le scuole, le strade e superstrade, ma il prima di tutto sta venendo meno. Il prima di tutto è bere, mangiare e lavarsi. Altrimenti torniamo alle fontanelle pubbliche, ai rudimenti del vivere comunitario. Dicono che bisogna pagare un deposito cauzionale per usufruiredel servizio idrico. In linea di logica va pure bene, sempre che questa clausola non scatti a contratti già in essere. Non è invece più logica e ragionevole quando va a ledere l’evidenza. Una parrocchia viene equiparata, nella tassazione idrica e non solo, ad una caserma o un ospedale. Vi assicuro che c’è grande differenza. Ebbene il deposito cauzionale, per ogni utenza riferibile alla parrocchia, ammonta a 900 euro e rotti. Come se si fosse dotati di piscine, docce, o quant’altro: chiese campestri compreso. Per un cesso (sotto utilizzato) ed un lavandino: 900 euro. Sette volte tanto quello che costa il consumo reale. Una caparra prendetevela, ma non una estorsione. Vale per le parrocchie ma anche per le Onlus, per le realtà supplenti a quanto si dichiara pubblico e necessario, e per tutti quelli che hanno sempre pagato le bollette ed ora dovrebbero fungere da sostituti di bollettazione e cauzione per chi non è in regola. Interrogativo finale (come ben evidenzia la vignetta del nostro Daniele Boninu): a quando la cauzione sull’acqua santa?

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