Una riflessione sull’Eucaristia

Un temporale ha lasciato il tempo come sospeso in questa domenica pomeriggio, l’aria spessa come i macigni che gravano sulla città si è aperta a uno squarcio di sole e di luce e in tanti si sono radunati in Cattedrale, segno che quella del Corpus Domini è una festa ancora sentita tra la gente, nonostante tutto. Il coro cittadino anima la celebrazione, provengono tutti da parrocchie diverse, la liturgia – più snella ma non meno solenne – accompagna i fedeli al momento che da sempre rende diverso questo giorno, la processione eucaristica.
Pochi passi separano in fondo la chiesa di Santa Maria da quella del Rosario eppure sembrano tanti, ci pensano i bambini a unire queste due comunità lasciando per terra al passaggio del Santissimo una scia di petali, «i bambini giocano con Gesù e ho immaginato Gesù sorridere – dirà poi monsignor Marcìa – noi grandi non siamo capaci di farlo, noi siamo capaci solo di litigare», come se non fossimo tutti sotto lo stesso cielo, parte della stessa Chiesa.
Nel suo pensiero prima della benedizione eucaristica in piazza, il Vescovo richiama l’immagine del chicco di grano e dell’acino d’uva: «Sia i chicchi di grano sia gli acini vengono tritati gli uni e schiacciati gli altri, la nostra individualità – ha detto –, il nostro io, il nostro egoismo non fa Chiesa, non fa il Suo corpo, dobbiamo avere il coraggio di lasciarci tritare e morire. Se il chicco di grano muore dà frutto».
Un richiamo alla prima lettura, che rievoca il sangue dell’alleanza «che è il sangue di Cristo». Mosè dice al popolo «queste sono le parole del Signore» e il popolo risponde «quello che il Signore ha detto noi lo faremo». «Siamo disposti – ha chiesto il Vescovo – a fare la volontà di Dio? Se non siamo disposti quel sangue non è il sangue dell’alleanza e Cristo sarebbe morto invano».
Nel Vangelo di Marco, il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia è preceduto dalle indicazioni di Gesù ai discepoli perché vadano a preparare per la Pasqua, avrebbero incontrato un uomo con una brocca d’acqua e avrebbero dovuto seguirlo fino alla grande sala al piano superiore che il padrone di casa avrebbe mostrato loro. «Nella Sacra Scrittura – ha spiegato monsignor Marcìa – l’acqua rappresenta l’umanità, il vino la divinità, il vino è dello sposo, Cristo sposo. Gesù vuole fare Pasqua e seguire la nostra umanità, siamo chiamati ai piani superiori, all’intimità con Lui. Gesù è passato per le nostre strade cercando la mia, la nostra umanità, è quell’umanità che serve per arricchirla con il Suo sangue. Vuole stringere un patto d’alleanza con l’umanità, quella che ci portiamo addosso e che tante volte ci dà fastidio, che a volte ci prende la mano ma è quella che Lui ha redento in quel sangue versato sulla croce. Ringraziamo il Signore – ha proseguito – che nonostante tutto vuol passare nelle nostre strade, con noi, ma diamogli anche la possibilità di lasciarci trasformare. Il Signore ha detto una cosa sola, un comandamento: “Amatevi come io vi ho amato”. Questo è il suo patto. A noi avere il coraggio di rispondere “quello che tu hai detto lo voglio fare”. Così – ha concluso il Vescovo – saremo sua famiglia, sua Chiesa».
È la preghiera finale, che pronuncia voltandosi verso il Santissimo: «Noi vogliamo essere tua Chiesa Signore, aiutaci ad essere chicchi di grano tritati per Te, acini d’uva schiacciati per Te per creare con Te la Tua Chiesa».
A tutti il compito di un esame di coscienza, magari meditando le parole della prima lettera di Paolo ai Corinzi, capitolo 11, che il Vescovo come un confessore ha voluto lasciare alla meditazione di ciascuno. (fra. co.)

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1 Corinzi 17-26

Mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi, perché vi riunite insieme non per il meglio, ma per il peggio. Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo. È necessario infatti che sorgano fazioni tra voi, perché in mezzo a voi si manifestino quelli che hanno superato la prova. Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l’altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!
Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”. Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

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