Mamoiada (5 – 12 giugno 2016)

Rigenerarsi, com’è scritto nei simboli de Sas Perdas longas 

 

di Matteo Marteddu

Non conosce il termine resa. Non ce l’ha nel Dna, Mamoiada. Non è che lo schiaffo della crisi non sia arrivato ai piedi della collina di Monte Irrutu, tra Sas Baddes, Badu Carru e Tarasunele. Ma l’industria, i sogni del prima e del dopo, l’ha appena sfiorata. Qui si rigenera il pensiero, si gettano dietro le spalle stagioni di sangue e faide e si producono concretezze. Ecco perché ogni evento ha il sapore della partecipazione collettiva e il tutto si lega con la voglia di cambiare e di non arrendersi. Monsignor Marcia, nella Visita pastorale ai primi di giugno, si accosterà a genti dalla schiena dritta, che hanno inseminato la Sardegna di capacità di lavoro, è il caso di dire, pietra su pietra e mattone su mattone.
Ma è proprio sulla pietra e sulle lastre con petroglifi che era già scritta la storia del paese. Quando nel 1996, alla periferia sud, la benna affondò le sue lame per scavare lo scantinato, si ebbe la concreta sensazione che la macchina non andava più. Lo impediva una pietra, una stele, in orizzontale, tanto larga da contenere decorazioni e simboli estesi a tutta la superficie. La Stele istoriata di Boeli. Simboli a spirale scolpiti che proiettano il paese, come scrive Giacobe Manca nel suo Pietre magiche a Mamoiada, nelle grandi tradizioni culturali della preistoria europea. Come le stele di Garaunele, S’Ena Manna e Su Rosariu. Nel cuore della grande valle di Mamoiada, culti magici e religiosi. Simboli a cerchi concentrici, originati da una coppella, per esprimere la continuità e la forza rigeneratrice delle genti di queste vallate. Ricche delle architetture del Neolitico, domus di “Mazzozzo” e Honcheddas de Istevène: nella terza delle sei stanze, su un pilastro rettangolare, è scolpita la te-sta di toro, simbolo, anche questo, di forza, di fertilità e rigenerazione. Forza che si è estesa alla civiltà testimoniata dai 15 nuraghi attestati, da Arrailo, a Tiortorro, Loreto e Orgorrù. Forse qui affon- dano le radici della spinta rigeneratrice di questi anni. Molto della fascia costiera orientale deve agli artigiani edili di questo villaggio.
Il dopo industria, le crisi, tra gli anni novanta e duemila, trascinano all’indietro, comunità, saperi, redditi, demografia. Ed è qui che tra i 2400 abitanti scatta la voglia di nuova fecondità e nuova vitalità economica e comunitaria. I miti delle coste più dei sogni industriali, ne aveva affievolito e quasi cancellato le antiche vocazioni vinicole. Terre baciate e arse dal sole, feconde da secoli per la vite. Tarasunele, Muzzanu, Loret’Attesu, si stavano spegnendo, risucchiate in storie o fantasie che poi hanno mostrato tutta la loro fragilità. La cantina sociale, attiva per decenni aveva tristemente chiuso i battenti. Da qui il grande risveglio, la volontà di non cedere, la capacità di coniugare tradizioni, cultura, innovazione e produttività. Intanto la vecchia cantina rimessa in moto a sfidare i mercati mondiali, e tanti a ripiegare in forme moderne, la schiena su quelle terre nella valle di Elisi, così ricche e fertili per vigneti e vini unici e riconosciuti nelle accademie più esclusive dei consumi planetari. Questo consente oggi la tessitura di quella rete solidale e comune che da forza alle esportazioni.
La nuova creatura “Mamojà”, in una delle sue ultime manifestazioni, “Notte Nighedda”, ha messo insieme una trentina di operatori che con i loro prodotti, hanno ridato anima e fiato alle prospettive di crescita dell’intero sistema paese. Cognomi tipici: da Sedilesu, a Puggioni, Montisci, Cabiddu, Dessolis, Gungui, Canneddu. Ma è nell’incrocio tra cultura e produzioni che questo paese si sta rigenerando. Lo dice con convinzione Rita Mele, della società cooperativa “Viseras” insieme a Mario Paffi, Gian Luigi Paffi e Paola Gungui, organismo che gestisce il Museo delle maschere, animatrice di tante attività culturali. Ha deciso di seguire questa strada, vivendo a Mamoiada, col corredo degli studi linguistici e di una ottima conoscenza della lingua Inglese. Nel 2001, anno della inaugurazione, 1000 visitatori. Nel 2015 bilancio di visitatori: 20.000. Il trend tiene. «Il tentativo costante è quello di incrociare cultura ed economia. Il paese si offre nella sua globalità. Niente si muove per conto proprio. Anche il packaging delle bottiglie di vino richiama cultura e paese. Sinergie per crescere. Ed è ciò che mi permette di dire, conclude Rita Mele, che il trenta per cento del PIL di Mamoiada si basa sulla cultura».
È il mistero, tra sacro e profano, che avvolge turisti e curiosi, mentre sfila il carnevale. Dal 17 gennaio sino al “martedi grasso”. Onorano Sant’Antonio Abate nella prima uscita: Mamuthones e Issohadores, nel loro incedere cadenzato e ritmato dal suono dei campanacci, compiono tre giri intorno al fuoco, prima di iniziare la loro avventura. Dai gruppi della Pro loco e dell’associazione Atzeni Beccoi, il rito atico e complesso della vestizione. La metamorfosi dell’uomo nel nuovo soggetto avviene quando il viso viene occultato dalla Visera e Dalla Visera crara. Tanti gli studi e i tentativi di interpretazione tecnico-antropologiche «dei vecchi prigionieri muti vestiti alla rovescia, con la cintura di campanacci e la collana di sonagli e delle giovani guardie che li circondano» (Salvatore Cambosu). Le maschere nel mondo sono Mamoiada e la sua storia.
Ma non solo maschere, perché il patrimonio delle architetture delle chiese, testimonia la straordinaria religiosità nel cuore della Barbagia. E tra i più antichi di Barbagia è il Santuario dei Santi Cosma e Damiano, sull’altipiano di Lidana-Marghine, ai confini con Lodine, Gavoi, Ollolai. Risale al VII secolo d.C., con affreschi bizantini e formelle in ceramica smaltata realizzate in Spagna nella fabbrica di Alcora, a Castellon dela Plana, nella seconda metà del ‘700. Il centro della spiritualità rimane la chiesa di Nostra Signora di Loreto, con un filo di devozione che la lega a Lorett’Attesu, a Su Carmu, Santa Croce, San Giuseppe e San Sebastiano. Mamoiada assapora il suo futuro, portandovi con cuore e intelligenza il passato: «Sono queste le notti che fioriscono non si sa come, i mandorli. Sono giorni di confusione l’uno dentro l’altro, di gemme e di carnevale, di gridi laceranti di porco e di odore di setole strinate. E se vuoi un carnevale che non ce n’è un altro su tutta la terra, vattene a Mamoiada che lo inaugura il giorno di Sant’Antonio. Vedrai l’armento con maschere di legno, l’armento muto e prigioniero, i vecchi vinti, i giovani vincitori, un carnevale triste, un carnevale delle ceneri. Storia nostra d’ogni giorno, gioia condita con un po’ di fiele e aceto, miele amaro». (Salvatore Cambosu, Miele Amaro).

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Il programma
  • Domenica 5 giugno
    Ore 09.45: Accoglienza del Vescovo Mosè nel piazzale della chiesa parrocchiale
    Ore 10.00: Celebrazione eucaristica con rito di apertura della Visita pastorale e amministrazione del Battesimo a 3 bambini
    Ore 15.30: Visita in cimitero. Partenza in pro- cessione dalla chiesa parrocchiale
  • Lunedì 6 giugno
    Ore 07.30: Lodi mattutine con meditazione
    Ore 08.00: Buongiorno, Gesù. Incontro con le scolaresche in Piazza S. Sebastiano
    Ore 10.00: Incontro Scuola media
    Ore 11,00: Incontro Scuola elementare
    Ore 12,00: Incontro bambini ludoteca e ragazzi diversamente abili c/o Centro sociale
    Ore 15.30: Udienze ai parrocchiani
    Ore 18.00: Santa Messa con i malati
    Ore 20.00: Incontro con il Consiglio Pastorale, Operatori di pastorale, Aggregazioni laicali
  • Martedì 7 giugno
    Ore 16.00: Udienze ai parrocchiani
    Ore 18.00: Santa Messa
    Ore 19.30: Incontro con il Mondo del Volontariato e Associazioni civili
  • Mercoledì 8 giugno
    Ore 07.30: Lodi mattutine con meditazione
    Ore 08.00: Buongiorno, Gesù
    Ore 11.00: Visita Scuola Materna Statale
    Ore 10.00: Visita alle Suore e alla Scuola materna parrocchiale
    Ore 15.30: Incontro con i Ragazzi del catechismo e loro genitori
    Ore 16.30: Visita a Famiglie e Malati
    Ore 18.00: Santa Messa
    Ore 19.30: Incontro con gli Uomini
  • Giovedì 9 giugno
    Ore 07.30: Lodi con meditazione
    Ore 08.00: Buongiorno, Gesù
    Ore 09.00: Visita alla caserma dei Carabinieri
    Ore 10.30: Visite a Famiglie e Malati
    Ore 15.30: Udienze ai parrocchiani
    Ore 16.30: Incontro con il Consiglio Comunale
    Ore 18.00: Santa Messa
    Ore 19.30: Incontro Famiglie
  • Venerdì 10 giugno
    Ore 16.30: Incontro con il Mondo dello Sport
    Ore 18.00: Santa Messa
    Ore 19.30: Incontro con i componenti e familiari dei Priorati delle feste patronali
  • Sabato 11 giugno
    Ore 07.30: Santa Messa con meditazione
    Ore 08.00: Giornata eucaristica con la Esposizione del Santissimo per tutta la giornata
    Ore 09.30: Liturgia penitenziale e confessioni
    Ore 17.30: Chiusura Liturgia penitenziale e Benedizione eucaristica
    Ore 18.00: Santa Messa prefestiva
    Ore 20.00: Mondo Giovani. Incontro festoso e Veglia con dialogo col Vescovo
  • Domenica 12 giugno
    Ore 07.30: Lodi e Santa Messa festiva celebrata dal Vescovo
    Ore 10.00: Santa Messa festiva celebrata dal parroco
    Ore 18.00: In Parrocchia: Concelebrazione Eucaristica a chiusura della Visita Pastorale assieme alle parrocchie della Forania S. Maria dei Martiri

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Le attese della comunità ecclesiale

di Francesco Cardenia

«Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace (Is 52,7)». Con la prima Visita pastorale del successore degli apostoli sua Eccellenza Monsignor Mosè Marcia, Dio vuole proporre alla nostra comunità alcuni passaggi che si rendono indispensabili per un serio cammino di fede, e sui quali non si stanca di insistere lo stesso Papa Francesco.
Si tratta di un passaggio dalla condanna alla misericordia, un passaggio dai muri ai ponti, un altro dal nichilismo e individualismo alla comunione e alla speranza; una speranza che, assieme alla gioia e all’amore appartiene alle nuove generazioni ma che spesso viene loro espropriata o negata. Dare speranza è missione della Chiesa che, secondo il disegno salvifico del Padre, trae origine dalla missione di Cristo, e dalla forza sapienza e amore dello Spirito Santo.
È compito della comunità educare i figli più giovani, mai però partire dal castigo, dal perdono piuttosto, un perdono che se vissuto con uno sguardo verso la Croce rende i ragazzi liberi di impostare il loro futuro alla luce della speranza e della verità. Dobbiamo educare i nostri figli ad essere protagonisti della loro vita anche rischiando il peggio, educarli a vivere e non lasciarsi vivere, ad essere dentro la loro vita e non alla finestra, educarli a non accontentarsi mai ma puntare sempre più in alto, educarli a non cadere nella rassegnazione delegando continuamente gli altri.
È compito della comunità educare i giovani a salvarsi, salvarsi dalle tante dipendenze, dalla legge del branco, dal dominio dell’urlo di colui che alza di più la voce, salvarsi dai cammini facili e dalle facili promesse, salvarsi, perché no, dalle grinfie di educatori frustrati che fanno dei ragazzi il rifugio delle loro nevrosi. Il giovane è la sua stessa decisione, è la sua dignità se educato fino alla sua maturità a seguire il messaggio di un Dio rivelatosi come uomo per parlare all’uomo, a tutto l’umo, ad ogni uomo.
La società di oggi si presenta complessa anche nelle nostre piccole comunità; è una società individualista, conformista, piatta, liquida e senza punti di riferimento. L’incontro del vescovo con i cittadini di Mamoiada vuole essere l’incontro con Cristo, incontro che non può avvenire se non dentro la comunità dove ognuno si trova a nascere e a crescere, in un luogo dove i germi della salvezza operano attraverso la relazione, il lavoro, la scuola, lo sport, il volontariato, l’associazionismo, e soprattutto all’interno della famiglia punto di riferimento, roccaforte, struttura portante e custode dei valori cristiani e di convivenza civile.
Con questa Visita pastorale Dio vuole entrare nella nostra vita, è Lui che attraverso il Vescovo viene a cercare ognuno di noi, e se Dio vuole trovarci non c’è forma di nascondimento che possa impedire l’incontro. Dio non ama le autostrade, preferisce i sentieri stretti e impervi che percorre il pastore impregnato dell’odore delle pecore, Dio è sicuro dell’incontro con l’uomo, si apposta nei nostri passaggi obbligati, Egli attende con pazienza, così che quando usciamo, se pur nell’oscurità della notte ci chiama e ci incontra. Il nostro è un Dio che veste il nostro Habitat, innesca un legame fra luoghi, corpo, costumi e affetti che definiscono la nostra identità e poter così venire ad abitare in mezzo a noi rivelandosi con la nostra stessa carne in Gesù Cristo, Egli infatti è vero uomo, e se cerchiamo un modello autentico di persona dobbiamo seguire il suo esempio fino alla gloria della croce.
La visita del pastore Mosè nei prossimi giorni e il suo incontro diretto con la realtà mamoiadina, vuole testimoniare che la Chiesa è forza di speranza dentro la comunità, Essa è dentro la storia sempre al servizio dell’uomo, sempre presente nella vita quotidiana, negli appuntamenti importanti così come nelle difficoltà. Nell’accogliere il vescovo accogliamo Gesù che vuole venire ad abitare in mezzo a noi, abitare è il luogo delle relazioni e Gesù vuole relazionarsi con noi, Egli stesso è relazione e pretende un abitare per sempre, non un abitare temporaneo, in “affitto” ma un esserci escatologico. Benvenuto Eccellenza.

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