Verso il 50mo di Caritas italiana

Questa mattina si è tenuta la videoconferenza su Skype con Caritas Italiana in occasione del suo 50mo anniversario di fondazione.

Riportiamo la relazione del Direttore don Francesco Soddu e il link del video pubblicato su YouTube il 27 novembre scorso con le linee di riflessione dello stesso direttore.

 

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Verso il 50° di Caritas italiana

Per capire come reinterpretare il ruolo della caritas in occasione del suo 50° di fondazione e individuare le scelte per il futuro, abbiamo pensato il presente lavoro con l’obiettivo di comprendere a che punto siamo nel nostro percorso di discernimento interno. Abbiamo perciò pensato di favorire un percorso partecipato dal basso, chiedendo alle caritas diocesane lo sforzo di fermarsi e porsi alcune domande, a partire da quelli che sono i nostri fondamentali – comunità, poveri, servizio, giustizia, prevalente funzione pedagogica – tenendo anche conto di quanto stiamo attraversando con la pandemia. Tutto questo al fine di evitare di restare sempre su un piano generale delle questioni, per capire quindi come tradurlo nei nostri ambiti di impegno e di azioni concrete.

 

1. PREMESSA

«Il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello».

Papa Francesco nell’Enciclica “Fratelli tutti” sottolinea con queste parole l’essenza della diaconia della carità.

Quindi Non tanto e non unicamente dare aiuti materiali, ma soprattutto garantire la presenza costante, condividere le difficoltà, aiutare ad affrontarle insieme e favorire lo sviluppo integrale di ogni persona.

Potremmo dire che Questa è in sintesi la “bussola” che ci orienta nel nostro percorso di avvicinamento al 50°di Caritas Italiana.

Un percorso biennale che – a seguito di una riflessione in Presidenza e in Consiglio Nazionale già durante la prima parte dello scorso anno – ha preso il via in seno al Consiglio nazionale nell’ ottobre 2019 e che è stato pensato inclusivo e coinvolgente di tutti gli organi e livelli di azione della Caritas: Presidenza, Consiglio nazionale, Gruppi nazionali, Delegazioni regionali, Caritas diocesane e personale di Caritas Italiana.

Davanti ai continui mutamenti di questo periodo insieme stiamo cercando di decodificare “i segni dei tempi”, quanto il Signore ci sta comunicando, e quindi comprendere quale può essere l’indirizzo da dover dare ad ogni nostra azione.

Molto è cambiato, niente è come prima. Come organismo pastorale abbiamo quindi intrapreso un cammino progressivo per rispondere, con metodo fortemente partecipativo, alle nuove sfide, in forme “consone ai tempi e ai bisogni”.

Si tratta in altri termini, alla luce dell’indicazione statutaria circa la consonanza “ai tempi e ai bisogni”, di far emergere la capacità di Caritas Italiana di cogliere le tendenze culturali, sociali e politiche, innervandole di Vangelo in modalità creativa e di confine, e in qualche modo anticipatoria.

Tutto questo impone una ragionevole verifica della proposta pastorale e della funzione pedagogica della Caritas rispetto al territorio e ai contesti mutati. In altre parole una verifica del lavoro svolto da Caritas”, in Italia, nella Chiesa e nel mondo, provando a leggere le sfide contemporanee alla luce del proprio mandato ecclesiale, per declinarlo nel tempo attuale e prossimo futuro.

Un percorso che avevamo immaginato in due tempi:

–       nel primo anno pastorale (2019-2020), rileggere il mandato ricevuto alla luce del tempo in cui venne elaborato, nonché evidenziarne l’evoluzione (i nuovi scenari e i mutati contesti che stiamo vivendo);

–       nel secondo (2020-2021), individuare le principali sfide aperte per la Caritas in Italia, e chiederci: “quale Caritas per i prossimi anni”, quali orientamenti pastorali? Eventualmente confermare alcuni indirizzi già assunti, ma anche coglierne di nuovi, nuovi ambiti e nuove forme di interpretare il mandato.

–     Alcuni elementi di scenario

Oggi in Italia ci troviamo di fronte a comunità cristiane territoriali più anziane, ripiegate e non immuni al fascino degli slogan e dei luoghi comuni relativi alle questioni che interrogano la coscienza del credente in ambito caritativo. I temi della giustizia sociale, dell’accoglienza, della giustizia riparativa non sempre trovano terreno fertile in molte comunità. La carità rischia di ridursi solo a dimensioni tangibili di risposte immediate ai bisogni, con una scarsa dimensione di advocacy e di sensibilizzazione; oltre che dal punto di vista ecclesiale, talora, di debole impatto pastorale; con il rischio di una limitata prospettiva pedagogica.

Tutto questo impone una ragionevole verifica della proposta pastorale Caritas rispetto al territorio; con ciò non si tratta di rinunciare a presidi ecclesiali territoriali, ma di rileggere innanzitutto il senso della proposta Caritas parrocchiale/centro di ascolto in termini di animazione efficace e non di mero adempimento formale e, soprattutto, confrontandosi con un diverso tessuto parrocchiale, meno denso e strutturato rispetto agli anni ‘70 e attraversato da strategie di ricomposizione dell’impianto ecclesiale tradizionale (zone, comunità pastorali, riduzione delle parrocchie, accorpamenti diocesani, etc.), rispetto al quale probabilmente diversi devono  essere gli approcci animativi e le aspettative.

Più complessivamente, va analizzato e verificato, a partire dallo Statuto e dalla Carta Pastorale, il ruolo pedagogico, animativo, di coordinamento e di advocacy delle Caritas a livello nazionale e locale, tracciando un percorso di rilettura e di discernimento che tenga conto del mutare dei contesti ecclesiali, delle questioni sociali ed economiche e degli aspetti culturali. Allo scopo di riuscire ad essere fermento, per esprimere, plasmare e veicolare una cultura della carità.

Questo si può fare solo se, attingendo dalla cultura cristiana del servizio, si riesce a produrre un cambiamento diffuso, attraverso quegli anticorpi di giustizia, carità e solidarietà in grado di sconfiggere anche il virus dell’egoismo sociale. Tanto più oggi, nell’emergenza della pandemia che ci sta mettendo a dura prova e ci prospetta scenari ancora ignoti e imprevedibili. Tutti sentiamo il bisogno di una mano tesa, tutti sperimentiamo povertà e fragilità. Nello stesso tempo tutti comprendiamo che possiamo essere portatori di speranza per gli altri. Paradossalmente, o meglio provvidenzialmente proprio questo è stato ed è il momento della comunità e della Chiesa. La presenza, il rapporto umano, la comunione ecclesiale, la condivisione della sofferenza. Immergersi nelle sofferenze e nei problemi di ogni comunità e di ogni persona, difendendone con coraggio i valori, la dignità e i diritti.

 

 

2. I PASSI GIÀ COMPIUTI E LE NUOVE SFIDE

 

A) ANNO PASTORALE 2019-2020

Nel primo anno pastorale la riflessione si è concentrata – in momenti diversi e con modalità diverse – sui mutamenti ecclesiali, socio-economici e culturali-comunicativi.

 

CONTESTO ECCLESIALE E CIVILE

Nell’incontro dei gruppi nazionali di novembre 2019 sono stati presi in considerazione lo stile di lavoro, le riflessioni ed i passi che portarono, alla stesura della Carta pastorale di Caritas Italiana, nel 1995, in occasione del 25° di fondazione.

Con poche ed efficaci pennellate, don Antonio Cecconi, all’epoca vicedirettore di Caritas Italiana, ha descritto il contesto ecclesiale e civile in cui avvenne il percorso, creando poi un ponte temporale con l’attualità.

In particolare, allora ci si muoveva all’interno del decennio dedicato a “Evangelizzazione e testimonianza della carità” (ETC), i cui orientamenti pastorali offrivano una valida base per tutto il lavoro di animazione pastorale di Caritas Italiana, della Caritas diocesane e di tutto ciò che si muoveva intorno ai mondi della carità cristiana e della solidarietà.

Molti elementi di quel percorso e dei contenuti della Carta pastorale, ad es. il tema della conversione a partire dai poveri, trovano felice riscontro nel magistero di papa Francesco, a partire dalla Evangelii Gaudium – si pensi ad esempio al capitolo “L’inclusione sociale dei poveri” -, senza dimenticare l’apporto illuminante fornito da papa Benedetto XVI con la Caritas in veritate.

Molte delle questioni affrontate nella Carta pastorale meritano di essere riprese e sviluppate:

  • il tema del rapporto con la politica e della capacità di incidere e orientare le scelte politiche in favore dei più poveri e meno tutelati;
  • l’attenzione alle tematiche internazionali, a partire dall’Europa;
  • il tema della pace;
  • il rilancio del volontariato, come lievito e forza di cambiamento;
  • la centralità nell’agire Caritas della “pedagogia dei fatti”;
  • una riflessione sugli effetti prodotti dall’ 8×1000;
  • la gestione dei rapporti di lavoro con i propri operatori

 

Ci siamo confrontati principalmente intorno ai mutamenti ecclesiali che ci interrogano e rispetto alle sfide che questi cambiamenti aprono riguardo al mandato Caritas.

Sono emersi trasversalmente due aspetti, autosufficienza- auto-centratura, insieme a crisi di identità e di ruolo.

I rischi potrebbero essere da una parte di accentuazione identitaria che può condurre verso l’autoreferenzialità e l’astrattismo ideale; ma anche di accentuazione del ruolo con schiacciamento sull’operatività funzionale.

La riflessione sui mutati contesti ecclesiali è proseguita nella riunione del Consiglio Nazionale che si è svolta a dicembre 2019. In tale occasione sono stati confermati i rischi evidenziati e la necessità di superarli. In particolare ci siamo concentrati su:

  1. la dimensione di autoreferenzialità;
  2. la necessità di riscoprirsi organismo pastorale con sguardo poliedrico e profetico;
  3. la necessità di recuperare e rafforzare le nostre radici spirituali e teologiche;
  4. la riflessione sui bracci operativi promossi nel tempo dalle Caritas diocesane.

 

CONTESTO ECONOMICO-SOCIALE

Gli incontri di Caritas Italiana con le Delegazioni regionali (gennaio-febbraio 2020), sono stati strutturati in maniera tale da definire in modo corale i contesti socio-economici nei quali le Caritas diocesane di un determinato territorio sono immerse e operano e delle sfide che questi aprono.

L’emergenza pandemia non ha consentito di svolgere tutti gli incontri e ha trasformato ulteriormente anche il quadro socio-economico.

Tuttavia La voce delle realtà diocesane è stata recuperata dai tre monitoraggi che Caritas Italiana ha svolto nei mesi scorsi. Si tratta di questionari strutturati destinati ai direttori/responsabili Caritas, su: come cambiano i bisogni, le fragilità e le richieste intercettate nei Centri d’ascolto e nei servizi Caritas; come mutano gli interventi e le prassi operative delle Caritas alla luce di quanto sta accadendo; qual è l’impatto del Covid19 sulla creazione di nuove categorie di poveri; qual è l’impatto dell’attuale emergenza su volontari e operatori.

Ne è emersa l’importanza per Caritas – tanto più in questo momento di emergenza per la pandemia – di non rinunciare alla funzione profetica che significa essere attenti a fare proposte e non gestire solamente l’assistenza nell’emergenza. Solo così potremo essere espressione di una chiesa viva insieme alle altre realtà pastorali. Evitando perciò anche il rischio della delega e responsabilizzando in tal modo comunità e parrocchie.

L’emergenza ci ha infatti permesso di raccogliere, insieme a una molteplicità di bisogni, anche una notevole ricchezza di valori, composta soprattutto da relazioni solidali e inclusive nelle comunità. È questo il paradosso (ci siamo più volte detti): in un periodo in cui i contatti ravvicinati non erano consentiti o possibili, la fantasia della carità ha permesso qualcosa che prima era inimmaginabile, cioè di rafforzare i legami comunitari.

Altro tassello importante in questa lettura è stato fornito dall’indagine qualitativa avviata in varie Caritas in Italia, per provare a cogliere gli elementi nuovi che stavano emergendo dalle richieste pervenute ai servizi. La ricerca si è posta due finalità principali:

–        essere più efficaci nel sostegno e nell’accompagnamento delle persone in difficoltà

–        supportare operatori e volontari che svolgono il loro servizio in condizioni nuove, difficili e imprevedibili.

 

Tutto questo è confluito nel rapporto di Caritas Italiana dal titolo “Gli anticorpi della solidarietà”,pubblicato lo scorso mese di ottobre, che insieme alle numerose testimonianze fornite dai racconti di direttori e operatori diocesani e da molte altre fonti, conferma che le tante situazioni di fragilità già esistenti prima della pandemia si sono fortemente acuite (problemi occupazionali, povertà assoluta, crisi dei legami familiari, solitudini, scarsità di relazioni sociali…), e si è registrato l’impoverimento di famiglie e singoli che solo pochi mesi fa vivevano senza particolari problemi.

 

CONTESTO CULTURALE-COMUNICATIVO

L’incontro con i Gruppi Nazionali del maggio 2020 ha cercato di mettere a fuoco il tema dei cambiamenti culturali-comunicativi. Le riflessioni guidate dal dott. Tarquinio, direttore di Avvenire, sono state inevitabilmente orientate dalla crisi pandemica.

Prima del covid-19 il dibattito pubblico e anche le relazioni istituzionali sembravano travolte da una strategia comunicativa del sospetto e della paura, messa in atto da alcune correnti politiche.

Siamo entrati poi in una fase di sospensione di questo dibattito spesso violento, in un clima diverso, dove la paura era concentrata verso un nemico veramente comune e invisibile. È prevalso un uso relazionale della comunicazione, spesso intergenerazionale, forte ed efficace. Sono emerse figure centrali, come quella di Papa Francesco, del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio, con linee di comunicazione spesso convergenti e con fini rassicuranti. Molte delle azioni messe in campo dalla Chiesa, attraverso la Caritas, hanno trovato spazio narrativo, di racconto di quanto si stava facendo per venire incontro alle tante fragilità che venivano avanti.

Ma poi la bolla si è rotta e si rischia di tornare ai toni pre-covid. A fronte di ciò, per la tenuta di un presente che è in bilico appare quindi necessario mettere insieme tutte le forze positive, dando anima a quanto si fa nelle tante realtà territoriali.

Traendo anche insegnamenti proprio dall’emergenza covid sono state proposte tre parole-chiave da tenere sempre ben a mente per cercare di dare il nostro contributo come organismo pastorale nel rifondare un contesto culturale e comunicativo che sembra subire influenze che vanno in senso opposto. Le tre parole sono fraternità, umiltà ed ascolto. Nel confronto è emersa anche la necessità di porre attenzione al lessico, al linguaggio che utilizziamo, che deve avere sempre al centro “la cura” dell’altro.

Il cuore di questa dolorosa esperienza deve dunque essere la solidarietà, con grande generosità ognuno deve portare i valori di umanità, di fede e di carità che possiede. La solidarietà è la condizione fondamentale per affrontare in modo costruttivo i problemi che la situazione attuale presenta.

Come sottolineato da papa Francesco “È il cemento del corpo in cui tutti viviamo, partecipando ad un destino comune in cui nessuno può essere lasciato indietro”.

 

 

B) ANNO PASTORALE 2020-2021

 

CARITÀ È MISSIONE

Una ulteriore, fondamentale tappa del percorso doveva essere costituita dal Convegno nazionale delle Caritas diocesane, programmato a Milano nei giorni 23-26 marzo 2020, dal titolo “Carità è missione”. Ma l’evento è stato prima rimandato al mese di dicembre e poi, alla luce della seconda ondata di contagi, annullato definitivamente, secondo lo schema che era stato pensato.

Il tema “Carità è missione” alla luce del nuovo scenario è stato ripreso nel Consiglio nazionale di giugno 2020.

La riflessione sul tema è stata introdotta dall’intervento di don Alessandro Mayer, direttore della Caritas diocesana di Oria e delegato regionale della Puglia, che ha sottolineato come l’espressione “Carità è missione” si può intendere in due modi diversi, perché il concetto stesso di “carità” nella Chiesa lo si può intendere in due modi principali: in riferimento al mistero “grande” che è la Chiesa, comunità d’amore, per cui tutta la Chiesa è “carità”; e in riferimento a ciò che la Chiesa fa ed in particolare al servizio della diakonìa. Anche se, in fondo, sono due aspetti di un’unica realtà.

In duemila anni di vita della Chiesa questi aspetti sono stati sempre presenti più o meno bilanciati, determinando la necessità di correzioni di rotta. Il Concilio Vaticano II è riuscito a dare un certo slancio nella direzione del kerygma, ma oggi è innegabile che resta ancora un forte sbilanciamento a danno della diakonia. La Chiesa pare stia cominciando a rendersene conto e lo dimostra il magistero recente, a partire dalle intuizioni di Paolo VI nel fondare Caritas, non con la prima finalità di occuparsi dei poveri, ma a partire dall’urgenza di far capire a tutti (principale funzione pedagogica) che non ci può essere Chiesa senza che tutta la comunità viva in maniera comunitaria la testimonianza della carità. Poi, a seguire, soprattutto nel magistero di Benedetto XVI e, infine, di Francesco. Nel capitolo IV della Evangelii Gaudium papa Francesco sottolinea che c’è una portata sociale del kerygma e una potenza kerygmatica della carità-diakonia, oltre ad evidenziare che i poveri stessi sono i soggetti primari dell’evangelizzazione. Alla EG va correlata anche la Laudato Si’, in quanto il grido della natura corrisponde al grido dei poveri e la carità della Chiesa nella storia corrisponde anche alla missione di salvaguardia e custodia del creato, che è rivelazione di Dio stesso.

 

3. CARITAS, PARROCCHIA, MISSIONE

La tappa successiva del percorso è stata la riflessione nel Consiglio nazionale di ottobre 2020 guidata da don Antonino Pangallo, direttore della Caritas diocesana di Reggio Calabria – Bova e delegato regionale per la Calabria, e prendeva lo spunto dalla recente Istruzione della Congregazione per il clero “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”.

Da qui possiamo trarre elementi utili per il discernimento Caritas nel percorso in vista del 50° anniversario. Dopo aver tratteggiato alcune linee della Parrocchia nel contesto contemporaneo il documento ribadisce lo stretto legame tra conversione pastorale e missione evangelizzatrice della Chiesa e il filo rosso tra evangelizzazione e attenzione ai poveri. Vengono evidenziati alcuni punti di forza:

  1. la parrocchia viene definita non tanto da uno spazio geografico delimitato ma territorio esistenziale;
  2. si sottolinea lo stretto legame tra evangelizzazione e carità;
  3. la comunità si fa evangelizzare dai poveri;
  4. il “santuario” ricorda che i poveri e gli esclusi devono sempre avere nel cuore della Chiesa un posto privilegiato;
  5. molto spesso la comunità parrocchiale è il primo luogo di incontro umano e personale con il volto della Chiesa;
  6. sono necessarie le “stazioni missionarie” per promuovere l’evangelizzazione e la carità.

Viene però anche messa in rilievo la necessità di una conversione della parrocchia. Non si tratta, di cercare il cambiamento per il cambiamento, ma di avere la convinzione che lo sviluppo e la crescita sono le caratteristiche della vita stessa. Pertanto Senza “aggiornamento” c’è il rischio di rimanere fermi e/o tornare indietro, mentre la chiesa è semper reformanda.

È necessario dunque uno sguardo di fede sui mutamenti in atto, che sia a un tempo contemplativo e profetico, capace di leggere e discernere i segni dei tempi. Di conseguenza La parrocchia è chiamata ad entrare in un processo di profonda revisione per essere all’altezza delle sfide. La pastorale vede ancora troppo autoreferenziali i tre ambiti: evangelizzazione, liturgia e carità. La struttura della parrocchia rischia di essere imprigionata nella funzionalità di servizi religiosi o sociali o bloccata dalla gestione tecnico-economica-amministrativa. Può però trovare nella testimonianza della carità una spinta per la ripartenza. Una indicazione propositiva è dunque senz’altro quella di investire energie nell’elaborazione di itinerari che a partire da esperienze di servizio aprano all’approfondimento di percorsi di umanizzazione, evangelizzazione, vocazione e discernimento.

 

4. LE SFIDE APERTE

L’incontro dei Gruppi nazionali di novembre 2020 è servito per individuare, avendo come sfondo il nostro mandato statutario, le sfide aperte per la rete Caritas in Italia, anche alla luce di quanto la pandemia ha messo “sotto la lente di ingrandimento”.

La riflessione è stata guidata da don Antonio D’Angelo, Rettore del Pontificio Seminario Regionale Abruzzo e Molise. Alcuni punti salienti sono:

  • Innanzitutto c’è bisogno di ribadire che la Caritas è Chiesa e nella Chiesa ha un compito ben preciso: animare la comunità perché maturi il comandamento dell’amore.
  •  Fondamentale è inoltre l’ “attenzione del cuore”, secondo le parole di papa Benedetto XVI in riferimento a coloro che si dedicano al servizio della persona.
  • Altro aspetto essenziale è la testimonianza. Lo stesso San Paolo VI diceva che abbiamo bisogno “non tanto di maestri ma di testimoni”. Ciò comporta un costante e continuo cammino di formazione, non per acquisire competenze ma un rinnovamento radicale di sé. Ogni operatore e volontario che vive la realtà Caritas deve costantemente crescere e maturare nell’esperienza di Cristo, senza questo fondamento si rischia di essere dei “professionisti” della carità e non testimoni.
  • Un tema che bisogna valorizzare è quello della spiritualità propria della Caritas: ciò significa vivere il comandamento dell’amore nella quotidianità della storia condividendo con il prossimo. Va anche riscoperta e vissuta la dimensione profetica, con un duplice risvolto: annuncio e denuncia nello stesso tempo.
  • In tutto questo per la Caritas è importante considerare la centralità della parrocchia, luogo in cui si promuove la “cultura dell’incontro”, dove il dialogo, la solidarietà e l’accoglienza sono i criteri del credente, in cui emerge la centralità della persona, dove si promuove e si favorisce il senso di appartenenza. In questa prospettiva la specifica vocazione della Caritas può essere un buon veicolo di comunione e condivisione tra i diversi gruppi e movimenti. Un’attenzione particolare va riservata al rapporto tra presbiteri e Caritas.

 

5. ALCUNI PRIME ATTENZIONI

  • Sottolineo alcune attenzioni particolari relative alla missione della Caritas, che già cominciano ad emergere e che costituiscono anche delle prime sfide su cui approfondire la nostra riflessione.
  • L’azione educativa. I valori che si devono promuovere sono sicuramente quelli della solidarietà, accoglienza dell’altro, riconoscere il diverso una opportunità di vita e non una minaccia, ciò dovrebbe aiutare ad uscire dalla logica della diffidenza e del sospetto che registriamo nel nostro contesto. Si può far leva su alcune caratteristiche proprie dei giovani, che cercano valori e ideali veri, quali la libertà e unicità della persona, l’autenticità, la solidarietà, la pace e la giustizia. I luoghi possono essere nuovi e diversi dai nostri ambienti, ad esempio le scuole, il dialogo con associazioni che promuovono valori a favore del bene comune e dell’individuo.
  • La cultura della condivisione e della solidarietà. Oggi più che nel passato c’è bisogno di coinvolgere l’altro e toccare l’interiorità della persona, questo non può essere fatto con grandi proclami, ma camminando accanto. La Caritas deve riscoprire e potenziare lo stile dell’accompagnamento, che papa Francesco in Fratelli Tutti parla di “vicinanza”. Non è semplice, anzi costituisce di per sé una continua sfida, però di per sé ineludibile.
  • L’economia. Aiutare a promuovere progetti capaci di valorizzare la persona, non renderla schiava della stessa. Con attenzione a microcredito e micro finanza la Caritas è chiamata a promuovere un’economia umana dove anche il più piccolo e vulnerabile ha la sua importanza.
  • L’ambiente. Non è un aspetto secondario perché ci porta a ripensare al rapporto dell’uomo con il creato, armonia necessaria per trovare un equilibrio sociale e del singolo. Non scontato anche nelle nostre scelte quotidiane.
  • La comunicazione. Il mondo dei media e dei social è uno spazio di vita dove la Caritas oggi deve far arrivare il suo messaggio, e deve comunicare il Vangelo. Una sfida aperta per il futuro.
  • Il discernimento comunitario. È un tema molto presente nell’attuale riflessione teologico pastorale, se ne parla molto, ma spesso è disatteso.

 

6. ALCUNI INTERROGATIVI 

  • Dal cammino sin qui fatto emergono tanti interrogativi, sfide, piste di lavoro e di riflessione, attenzioni da considerare per proseguire il nostro percorso. Ne richiamo alcune.
  • Come ci percepiamo? Come ci percepisce il mondo, la gente? E come ci percepiscono i nostri pastori, i vescovi italiani?
  • Le azioni messe in atto dalle Caritas che fede esprimono?
  • Quali percorsi stiamo elaborando per giungere ai contenuti della rivelazione (kerigma, Cristo pasquale, vita trinitaria)? Come è possibile passare dal servizio al simbolo di fede?
  • Dall’esperienza del covid possiamo trarre indicazioni su che tipo di Chiesa missionaria dobbiamo costruire negli anni a venire? Che vuol dire dopo questa esperienza che “carità è missione”?
  • Come vivere l’impegno in Caritas ed il discernimento di vita?
  • Come recuperare la nostra funzione pedagogica evitando il rischio di delega e le derive assistenzialistiche?
  • Come promuovere le Caritas parrocchiali, prime sentinelle in cui l’amore per il fratello si incarna in parole, gesti, sentimenti, si fa carne?
  • Come allargare gli orizzonti e sempre più orientarci a una carità aperta al mondo, attenta alle cause dei fenomeni, alle interconnessioni, informata e documentata, capace di parlare anche ai giovani?

 

7. CONCLUSIONI

  • Senza lasciarci prendere dalla paura o dallo scoraggiamento continuiamo dunque a leggere la realtà che stiamo vivendo, cogliendo anche in questo tempo di crisi e di emergenza, con la grazia di Dio e l’impegno degli uomini, i segni di crescita e di speranza.
  • L’auspicio è che insieme, grazie a questo lavoro di confronto e di discernimento, possiamo gettare le basi per una Caritas che, fedele al suo mandato e alla sua storia e aperta al nuovo, possa ovunque essere stimolo affinché tutti, singoli e comunità, vivano una reale e appassionata attenzione a chi è nel bisogno; e possa essere segno di una Chiesa in uscita che si fa lievito per costruire un futuro in cui ciascuno può sentirsi parte di un progetto che ha contribuito a scrivere.

 

 

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Ecco il video di Caritas Italiana con le linee di riflessione di don Francesco Soddu.

 

 

 

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