Nuove dipendenze, quelle create dalle tecnologie – in particolare internet e i social media – e dall’azzardo: questi i temi dell’incontro di formazione organizzato dall’Ufficio diocesano di Pastorale della salute guidato da don Antonio Sedda e che ha avuto come relatore don Massimo Angelelli, responsabile del medesimo ufficio della Conferenza episcopale italiana (la registrazione audio della conversazione è disponibile sul sito www.diocesidinuoro.it).
Dopo un breve excursus sulla nascita di internet, don Angelelli si è soffermato sui “social”, le reti sociali com’è ad esempio facebook. Nate come comunità ludiche, relazionali, di apprendimento si sono sviluppate in tanti ambiti diversi, compresi i servizi. Spinge a entrare in questo sistema – ha spiegato Angelelli – l’esigenza di relazionalità connaturata alla condizione umana che ha come essenza la socialità. Ma se fino a poco tempo fa c’erano la parrocchia, il circolo, l’associazione, il bar, oggi tutto questo è sostituito da connessioni virtuali nelle quali «posso anche dire chi non sono». Il primo conflitto è quello tra identità reale e identità virtuale, un meccanismo nel quale si innestano anche le cosiddette “fake news” (notizie false ndr), una rappresentazione del reale percepita come vera ma che vera non è e per la quale non esiste ancora un metodo di verifica.
Ma è lo sdoppiamento tra io personale, fisico a io virtuale quello su cui ha insistito don Angelelli, uno sdoppiamento che può diventare patologico, arrivando ad avere «un io multiplo diverso da me stesso che naviga in una atmosfera molto emotiva nella quale la socialità è sì diffusa ma altrettanto fragile e a-progettuale».
Il virtuale diventa più soddisfacente del reale, la fatica non è più contemplata, non è più importante la memoria e allo stesso tempo si perde spesso il rispetto e l’onorabilità dell’altro, quando si perde il contatto con la realtà e la vita si sviluppa totalmente in rete si arriva anche alla disperazione, al non saper reagire – ad esempio – a episodi di bullismo su facebook.
L’accesso sempre più precoce a dispositivi – gli smartphone – continuamente connessi a internet è sintomo di una sottovalutazione dei rischi da parte degli adulti, non solo per la pornografia dilagante (oltre il 50% dei siti ha quella natura) che esplode in una sessualità deviata e senza controllo, ma anche per le varie forme d’ansia nella quale vivono i ragazzi nei momenti in cui, per vari motivi, non sono connessi e non possono visualizzare gli accessi a whatsapp, o facebook o instagram.
L’altro aspetto della relazione è stato l’azzardo, scollegato dal sostantivo gioco a sottolineare la perdita di qualsiasi aspetto ludico mentre cresce quello patologico. Si tratta di un affare, dati alla mano, che vale 96 miliardi di euro, dieci dei quali tornano allo Stato. «Ci stiamo autotassando senza motivo – ha affermato don Angelelli – se uno, cioè lo Stato, vince sempre non è più un gioco ma una truffa, legale e gigantesca». Con l’avvento del gioco on-line «è definitivamente saltato il meccanismo del controllo sociale», ha detto Angelelli, un fenomeno che su queste colonne abbiamo analizzato a più riprese. «La dimensione reale – ha spiegato – crea una forma di controllo, lo spostamento sul virtuale ha di fatto cadere questo meccanismo».
La Conferenza episcopale italiana è schierata accanto al movimento “Slot mob” che promuove campagne contro l’azzardo e supporta i commercianti che rinunciano alle famigerate macchinette all’interno dei loro esercizi, promuovendo altresì una legislazione più stringente, ad esempio sulla distanza delle “slot” da scuole e parrocchie, «liberando dal condizionamento creando meno punti d’accesso possibile». (fra. co.)
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