Amoris Lætitia, capitolo VII

Rafforzare l’educazione dei figli

 

Il VII capitolo di Amoris Lætitia è l’ultimo dei 7 capitoli introduttivi che costituiscono le facce di questo prezioso poliedro che è la vita quotidiana delle famiglie. È dedicato all’educazione dei figli, tema importante e complesso, gioia e dolore di ogni famiglia e suo dovere irrinunciabile.
Si apre con una domanda: dove sono i figli? La famiglia è luogo di sostegno e accompagnamento, per questo occorre vigilare a cosa sono esposti i nostri figli. Vigilanza che non vuol dire l’ossessione del controllo, ma generare nei figli processi di maturazione della libertà e dell’autonomia che consentano di agire con intelligenza e accortezza, di scegliere con buon senso e affrontare situazioni rischiose. Pertanto la domanda non è sapere dove sono fisicamente i nostri figli, ma dov’è la loro anima, quali sono le loro convinzioni, gli obiettivi, i desideri e il loro progetto di vita.
La formazione morale non può essere imposta come verità indiscutibile, ma i figli devono scoprire l’importanza di certi valori e principi, indotti dall’affetto e dalla testimonianza dei genitori con le loro abitudini e consuetudini. La base fondamentale è però credere che i propri genitori siano degni di fiducia, e questo rende allora desiderabili comportamenti da imparare e inclinazioni da far maturare. Il che non richiede che i genitori siano immacolati, ma che sappiano riconoscere con umiltà i propri limiti, sforzandosi di essere migliori.
È importante orientare il bambino con fermezza a chiedere scusa e a riparare il danno causato agli altri con il proprio comportamento. E anche la correzione e la sanzione diventano allora uno stimolo educativo se traspare sempre la fiducia e il riconoscimento, senza cadere nella mutilazione del desiderio.
La famiglia è la prima scuola dei valori umani, dove si impara il buon uso della libertà, da incanalare e stimolare. La cultura del tutto e subito è un grande inganno che intossica la libertà. Il rimandare non è negare il desiderio, ma differire la sua soddisfazione: quando si educa a saper aspettare il momento adatto, si insegna al bambino ad essere padrone di se stesso e ad essere autonomo davanti ai propri impulsi. Al tempo stesso questo gli insegna a rispettare la libertà degli altri.
È in famiglia che si impara a relazionarsi con gli altri, ad ascoltare, condividere, rispettare, prendersi cura dell’altro, che si educa al consumo responsabile e alla tutela del bene comune. È sempre in famiglia che si impara a confrontarsi con la sofferenza, ad esempio quando sopraggiunge una malattia.
La comunicazione tra genitori e figli non può prescindere dal dialogo personale e dal contatto fisico: la tecnologia ci permette di essere sempre in contatto, ma è un contatto virtuale che spesso allontana anziché avvicinare, in una sorta di autismo tecnologico.
La comunità è chiamata a sostenere la missione educativa delle famiglie, in particolare con la catechesi di iniziazione; inoltre il Sinodo ha evidenziato l’importanza delle scuole cattoliche, per aiutare i ragazzi a crescere vedendo il mondo attraverso lo sguardo di amore di Dio.
Un aspetto importante è poi l’educazione sessuale, soprattutto in un’epoca che tende a banalizzare e impoverire la sessualità. Quando si parla di educazione sessuale ci si concentra sull’aspetto della protezione e della sicurezza, usando espressioni che trasmettono un atteggiamento negativo verso la naturale finalità procreativa, come se un eventuale figlio fosse un nemico dal quale proteggersi. L’altra persona viene presentata come un oggetto di esperienze, mentre occorre insegnare le diverse espressioni dell’amore, sulla cura e rispetto reciproco, sul dono totale di se e dell’altro, sull’impegno totale per sempre.
Infine, la trasmissione della fede: la famiglia deve continuare ad essere il luogo dove si insegna a cogliere la bellezza della fede, a pregare e a servire il prossimo. La fede è dono di Dio, ricevuto nel Battesimo e i genitori sono lo strumento per la sua maturazione e sviluppo. Ciò presuppone che i genitori vivano l’esperienza reale di avere fiducia in Dio e di cercarlo perché ne sentono il bisogno.
La fede non si impone ma si propone alla libertà dei figli e l’educazione alla fede sa adattarsi a ciascun figlio e alle diverse fasi della sua vita.
Le coppie devono essere valorizzate come soggetti attivi della catechesi, perché la trasmissione della fede ai figli rende la famiglia evangelizzatrice, che spontaneamente inizia a trasmetterla anche al di fuori dell’ambiente familiare. Così la famiglia diventa soggetto dell’azione pastorale.

Giovanna e Giampiero Deiana

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