La chiusura della Visita pastorale a Oniferi

La fede di una umanità piagata

«La comunità vuole risorgere, lavorate sul nuovo che c’è»

«Una comunità piagata ma che vuole risorgere e sta risorgendo», questa ha trovato a Oniferi monsignor Marcia nella sua Visita pastorale, «ma c’è tanto di nuovo – ha detto rivolgendosi al sindaco prima della benedizione alla Messa conclusiva – lavorate su quel nuovo». Il tema della liturgia, come dell’intera settimana, è quello della fede, «la prima parte della lettura di Abacuc – ha spiegato il Vescovo – ci fa vedere il nostro travaglio, la nostra fatica, la stessa fatica di Tommaso che non crede alla presenza di un Cristo vivo e risorto. Il Signore lo invita a porre le mani in un costato, nelle piaghe, il Cristo risorto è uno piagato, questa è la prima fatica che facciamo ad accogliere nella nostra fede, ci facciamo un Dio tranquillo, no, è un Dio che ha le piaghe e sono le piaghe della sua umanità che è la nostra, nell’incarnazione ha preso la nostra umanità. Certo che l’ha redenta, certo che è risorto ed è vivo in mezzo a noi ma è vivo con quelle piaghe. Noi facciamo fatica ad accogliere quelle piaghe lo vorremmo diverso».
Ma che «cos’è fede? – ha poi chiesto il Vescovo – è una virtù. Sapete la differenza c’è tra virtù e vizio? Nessuna. L’una e l’altra – ha spiegato – sono abitudini, una nel male l’altra nel bene. La fede non è che quell’atteggiamento abituale che dovremo avere quotidianamente nel leggere con gli occhi di Dio la nostra vita, nel leggere la presenza di un Dio vivo, risorto, ma con le piaghe. La nostra umanità è piagata – e lo ha ripetuto pensando anche agli ammalati e agli anziani visitati nei giorni precedenti, alle persone colpite da un lutto – ma è lì che dobbiamo vivere la nostra fede».
La verità – ha proseguito monsignor Marcia – è che di fede ne abbiamo troppo poca: «Se avessimo un pizzico di fede potremmo fare l’assurdo, come piantare un gelso in mare. Come fa Cristo, pazzo d’amore per te, per me. Gesù è così, vive l’incomprensibile, l’assurdo di amarmi nonostante i miei errori e i miei peccati, è assurdo quando ama me peccatore, quando è misericordia infinita. Tutto questo è dono, è regalo». Si comprende così anche il senso della seconda lettura, «Se siamo qui – ha detto il Vescovo commentando le parole di Paolo – non è perché siamo persone di buona volontà, non siamo noi bravi e quelli di fuori cattivi, è perché Lui ci ha fatto il regalo della fede che noi minimizziamo sempre».
Il pensiero corre ad altri brani evangelici, l’intransigenza di Gesù nella pagina di Giovanni sul Pane di Vita e la libertà dei figli di Dio. Quando tutti se ne vanno Gesù si rivolge ai suoi discepoli, “Volete andarvene anche voi?”, non arretra di una virgola, risponde Pietro “Da chi andremo?”. «Il Regno di Dio a cui ci prepariamo non è la Chiesa, supera la Chiesa – spiega monsignor Marcia – il Signore è venuto per instaurare il suo Regno ma ripete continuamente nel Vangelo “Se vuoi… allora agisci così”, ci lascia liberi». L’esortazione finale è ancora «ad avere fede in un Cristo, vivo, risorto e piagato. Siamo una comunità di fede? ho la virtù, l’atteggiamento di leggere la mia vita con gli occhi di Dio?» Essere “servi inutili” – come dice ancora il Vangelo – significa riconoscere che è «tutto dono suo. Siamo incapaci però confidiamo in te. E la condizione è avere un briciolo di fede. Se la fede è basata sull’io abbiamo sbagliato tutto, la fede deve essere basata sul nostro Dio, è tutta questione di una “d”. Chiediamoci allora chi è il mio Dio? dov’è il mio Dio? Lo dico singolarmente e come comunità – ha concluso il Vescovo –, dove stiamo poggiando la nostra fede?» (fra.co.)

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