La chiusura della Visita a San Giovanni Battista (Nuoro)

«Vivere sempre più la comunione, responsabili gli uni degli altri»

 

«Vi invito alla chiusura di questa Visita pastorale a cercare in tutti i modi ad essere sempre più comunità, a vivere sempre di più la comunione, ad essere sempre di più parrocchia». Questo l’invito da parte del Vescovo, risuonato con forza e ripetutamente, alla comunità di San Giovanni Battista a Predistrada.
Nella sua riflessione monsignor Marcìa si è lasciato condurre dalle parole della liturgia, quella della prima domenica di Quaresima, a partire dalla preghiera di Colletta: «O Dio, che conosci la fragilità della natura umana ferita dal peccato, concedi al tuo popolo di intraprendere con la forza della tua parola il cammino quaresimale, per vincere le seduzioni del maligno e giungere alla Pasqua nella gioia dello Spirito». La Quaresima, dunque, come cammino verso la Pasqua, non come «cammino fine a se stesso». E poi l’accento su quel “popolo”: «Abbiamo una chiesa gremita – ha detto –, mi rivolgo a questo popolo. E mi rivolgo in modo particolare a quel popolo che sta in questo quartiere nelle cui strade ho camminato in questi giorni. A questo popolo dico una prima cosa: se siamo popolo, parrocchia, comunità ciascuno di noi è responsabile degli altri. Non si fa comunità in una parrocchia perchè oggi abbiamo riempito la chiesa, non serve la chiesa riempita se non c’è vita di comunione, di comunità, e si fa quando tutti siamo responsabili di quella vita comunitaria. Se qualcuno di noi dicesse “a me che importa degli altri” non può stare in questa chiesa, Chiesa è comunione, responsabilità. Questo è essere popolo, parrocchia, comunità: essere responsabili gli uni degli altri» – ha ribadito.
Ma in che modi si può davvero essere comunità? Viene incontro il Vangelo, che racconta le tentazioni di Gesù nel deserto. Tre momenti, tre concetti. Alla prima tentazione Gesù risponde dicendo “Non di solo pane vive l’uomo…”, «possiamo tradurlo – ha affermato il Vescovo – non di solo lavoro vive l’uomo, non di solo benessere, non di sola banca, non di solo tornaconto vive l’uomo, non di soli beni: la dignità dell’uomo non sta nello spessore del portafoglio, nei possedimenti che può avere, la dignità sta dentro l’uomo, nella sua natura, nel suo essere uomo. La domanda a questo punto è: per me Dio chi è?».
Secondo pensiero, ancora guardando al Vangelo. “Non mettere alla prova il Signore”, dice Gesù, «non tentare Dio. Tante volte nel nostro cristianesimo – ha commentato – mettiamo alla prova Dio, menomale che Dio è paziente, che è Padre. Qui viene fuori una seconda domanda: che rapporto c’è tra me e Dio? E forse lì troviamo la risposta al nostro essere uomini».
Terzo pensiero. “Sta scritto, il Signore Dio tuo adorerai”… «Chi è il mio Dio?». La terza domanda del Vescovo. Se in una coppia, in una famiglia il motivo del vivere è lei, è lui, sono i figli, «qual è il mio motivo per vivere nella mia vita cristiana? Dio appare?».
“A Lui solo renderai culto”, dice Gesù rispondendo a Satana. «Lascio a ciascuno di noi l’interrogativo – ha detto ancora monsignor Mosè: per chi sono pronto a spendere la mia vita? Per chi do il mio atto di culto? Chi è il Dio della mia vita?».
Prima di amministrare il Sacramento della Confermazione di nuovo l’invito a vivere la comunione, «per poter far questo – ha affermato – occorre ricordare che la dignità dell’uomo sta solo nel mio rapporto con Dio, senza tentare Dio ma mettendolo al primo posto nell’ascolto della Parola e nel senso che do al mio vivere e al rapportarmi anche con gli altri.
Chiedendo un momento di preghiera silenziosa davanti al Crocifisso e all’Eucarestia ha invitato a domandarsi «ma io sono davvero in comunione con tutti? Il mio Dio è davvero Lui? O in questa Quaresima devo modificare qualcosa?». La risposta avrà la sua pienezza nella luce della Pasqua. (fra. co.)

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