Nostra Signora del Rimedio

Orosei

Un gran fuoco di lentischi, come lo aveva veduto Noemi fanciulla, ardeva nel cortile di Nostra Signora del Rimedio, illuminando i muri nerastri del Santuario e le capanne attorno. Un ragazzo suonava la fisarmonica, ma la gente, ch'era appena uscita dalla novena e preparava la cena o già mangiava entro le capanne, non si decideva a cominciare il ballo. Era presto ancora: sul cielo lucido del crepuscolo spuntavano le prime stelle, e dietro la torretta del belvedere l'occidente rosseggiava spegnendosi a poco a poco. Una gran pace regnava su quel villaggio improvvisato, e le note della fisarmonica e le voci e le risate entro le capanne parevano lontane. Qua e là davanti ai piccoli fuochi accesi lungo i muri si curvava la figura nera di qualche donna intenta a cucinare. Gli uomini, venuti alla vigilia per portare le masserizie, eran già ripartiti coi loro carri e i loro cavalli: rimanevano le donne, i vecchi, i bambini e qualche adolescente, e tutti, sebbene convinti d'esser là per far penitenza, cercavano di divertirsi nel miglior modo possibile. Le dame Pintor avevano a loro disposizione due capanne fra le piú antiche (tutti gli anni ne venivan fabbricate di nuove) dette appunto sas muristenes de sas damas, perché divenute quasi di loro proprietà in seguito a regali e donazioni fatte alla chiesa dalle loro ave fin dal tempo in cui gli arcivescovi di Pisa nelle loro visite pastorali alle diocesi sarde sbarcavano nel porto piú vicino e celebravano messe nel Santuario.

Grazia Deledda, Canne al vento, Nuoro, Ilisso, 2005, p.64

Date utili

Primo venerdì di settembre e successivi 18 giorni (Festa della Madonna del Rimedio seconda domenica di settembre) 

Informazioni utili

Durante le due novene vengono celebrate tutti i giorni, più volte al giorno, le sante messe e il rosario.

Parcheggio sul lato esterno del santuario, entrata strada per Dorgali

 

Come arrivare

In autobus

Le linee ARST 529 Nuoro-Galtellì, 521 Dorgali-
Siniscola
e 514 Nuoro-Olbia effettuano delle fermate a Orosei.

In auto

Dai principali centri è possibile arrivare al bivio di Lula sulla 131 D.C.N., dopodiché seguire le indicazioni per Orosei/Galtellì. Imboccare la Strada Provinciale 38 e, subito dopo svoltare a sinistra nella Strada Provinciale 25 per Loculi/Irgoli/Onifai. Dopo alcuni chilometri, svoltare a destra per Galtellì. Superare Galtellì e proseguire verso Orosei. Il Santuario si trova subito all’ingresso del paese.

Verso il 1600, dal punto di vista amministrativo e politico, Orosei faceva parte della Baronia di Galtellì e dell’Incontrada di Orosei. Nel 1651, diventò feudo del Marchese d’Albis, mantenendo tale status fino al 1808. Dal punto di vista religioso, Orosei dipendeva dall’antica diocesi di Galtellì, ma a partire dal 1495 e fino al 1779 risultò aggregata all’arcidiocesi di Cagliari.

Dai decreti dei vicari diocesani rivolti all’arcivescovo di Cagliari, risalenti al 1600 circa, apprendiamo che molte delle antiche chiese di Orosei necessitavano urgentemente di interventi di restauro. Infatti, nel 1549, il paese subì un devastante saccheggio ad opera di un’armata turca. In particolare, un decreto del 1601 dell’Arcivescovo di Cagliari autorizzò i cittadini privati a occuparsi della riparazione e dell’ampliamento delle chiese esistenti. In cambio, essi ottenevano il diritto di patronato e sepoltura per sé e i loro eredi. 

All’interno del contesto storico-culturale appena delineato va inserita la richiesta da parte dei coniugi Baldassare Ruiu e Caterina Todde ad ottenere il Giuspatronato della Chiesa di Nostra Signora del Rimedio, avendola essi costruita e edificata in virtù della particolare devozione per la Santa Madonna. Tale diritto di Patronato venne accordato, nel 1642, tanto ai coniugi Ruiu quanto ai loro eredi e successori, con la condizione però che contribuissero alle spese di manutenzione.

 

Il Santuario di Nostra Signora del Rimedio

Il santuario di Nostra Signora del Rimedio ci appare oggi come parte integrante dell’abitato di Orosei, tuttavia, in origine dobbiamo immaginare questo luogo sacro come un’oasi solitaria situata in aperta campagna: un richiamo spirituale per pellegrini provenienti da ogni angolo della Sardegna.

La sua storia affonda le radici nel lontano 1640, quando i coniugi Ruiu-Todde eressero la primitiva chiesetta rurale in uno stile romanico che ancora oggi conserva il suo fascino. Nei racconti d’epoca, non emerge alcuna menzione di spazi destinati all’accoglienza dei devoti durante la novena, suggerendo che, in quei giorni di fede religiosa, la chiesa diventasse rifugio e luogo di riposo per i fedeli.

L’Ottocento porta con sé nuove esigenze, e la risposta a una crescente affluenza di fedeli si traduce nella necessità di effettuare degli ampliamenti della struttura originaria. Nel 1904, la nuova chiesa si apre al culto.

Con la costruzione della seconda chiesa, il santuario si trasforma da modesto luogo di culto campestre a autentico centro di devozione. Tuttavia, questo cambiamento non avviene senza conflitti. La gerarchia ecclesiastica inizia a rivendicare un ruolo più preminente, portando inevitabilmente a tensioni con gli eredi. Nel 1932, la situazione raggiunge il suo culmine con l’interdizione del santuario da parte dell’Autorità Diocesana. Solo nel 1937, dopo negoziati ardui mediati dalla Prefettura, viene raggiunto un accordo tra la Curia e gli eredi. Il santuario, insieme a tutti i suoi annessi, viene infine consegnato alla libera gestione dell’Autorità Ecclesiastica, concludendo una fase tumultuosa della sua storia. 

Come sappiamo, i coniugi Ruiu-Todde fondarono la Chiesa del Rimedio animati da una profonda devozione verso la Santa Madonna, un sentimento che ben presto si diffuse tra i fedeli, come dimostrato dagli ampliamenti della struttura originaria e dalle numerose offerte votive. La sua popolarità è attribuita ai numerosi racconti di miracoli e guarigioni associati a essa. Tra gli eventi miracolosi, particolare risonanza ebbe quello avvenuto nel 1984 a un signore di Dorgali. Rimasto paralizzato a seguito di una ferita alla testa, grazie a una promessa fatta e alla novena in onore della Madonna, riuscì a guarire completamente (N.B. il miracolo non è stato riconosciuto dal Vaticano).

Questa venerazione, infatti, si basa sulla convinzione profondamente radicata nella fede popolare secondo cui questa Santa Madonna abbia il potere di influire positivamente sulla salute e sul benessere delle persone.

In particolare, gli ex voto anatomici in cera, che un tempo ricoprivano completamente le pareti della Chiesa, rappresentano un indicatore tangibile della devozione dei fedeli.

Questi doni simbolici, di produzione locale, erano un modo economico e estremamente diffuso per ringraziare la Madonna per le grazie ricevute. Gli ex voto rappresentavano spesso parti del corpo umano o organi specifici, come teste, mani, gambe o cuori, a seconda del tipo di malattia o problema di salute che la persona si trovava a sperimentare. 

L’‘ingente quantità di ex-voto, che fino agli anni Sessanta si trovava all’interno del santuario, rappresenta una testimonianza tangibile dell’importanza della Madonna del Rimedio nella vita delle persone e della profonda devozione che circonda questa figura religiosa. Essi costituiscono un’incoraggiante dimostrazione di come la fede e la spiritualità possono essere fonte di conforto e speranza in tempi di difficoltà e sofferenza. Soprattutto, questa tradizione è estremamente significativa perchè rafforza il senso di comunità tra i devoti, che condividono, ancora oggi, le proprie storie di fede e speranza all’interno di questo luogo sacro. 

Ogni anno, la festa dedicata alla Madonna del Rimedio fa sì che il suggestivo scenario del santuario si trasformi in un crogiolo di spiritualità e tradizione. Durante le due novene, le “lozzas” accolgono centinaia di famiglie che si riuniscono insieme in un’atmosfera di comunione e condivisione.

Soprattutto, nel giorno della festa, la seconda domenica di settembre, un animato banchetto si forma all’ora di pranzo entro il recinto delle “lozzas”, con un gran numero di ospiti, i quali partecipano a questo conviviale momento con il calore e la coesione tipici di un’unica grande famiglia. 

Oltre alle sacre cerimonie, la festa è caratterizzata da balli, canti e gare di poesia, che rendono omaggio alla ricca tradizione locale. Questo connubio di spiritualità e tradizione crea un’atmosfera unica e coinvolgente che caratterizza la celebrazione annuale della festa del Rimedio, che rifiorisce così, di anno in anno, in un caleidoscopio di emozioni, dove il sentimento della fede si riflette nell’entusiasmo di un’intera comunità in festa.

Il fascino intramontabile del Santuario emerge in modo tangibile attraverso i suggestivi capitoli che Grazia Deledda dedica a questo luogo nel suo celebre romanzo Canne al vento. La scrittrice attinge in maniera ricca e diretta dalla sua esperienza personale, poiché era solita frequentare la Baronia durante i viaggi legati all’attività imprenditoriale di suo padre. La passione della Deledda per le tradizioni popolari suggerisce che partecipasse attivamente alle festività campestri. Tali eventi, fortemente ancorati nell’identità della popolazione sarda, erano profondamente intrecciati con il tessuto della comunità, e Deledda ne sentiva profondamente il legame.

Nella sua pittura fedele della festa del Rimedio, la scrittrice riesce, in modo magistrale, a dare vita ai sentimenti che permeano le anime dei fedeli sardi durante questi momenti sacri. Infatti, le descrizioni dettagliatissime della Deledda ci permettono una comprensione profonda dell’importanza di tali festività nella vita comunitaria. In queste occasioni, la convivialità informale permetteva un rilassamento dei rigidi costumi sociali, consentendo alle persone di rivelare aspetti inattesi del loro carattere e di esprimere passioni intense. 

Non è un caso, infatti, che proprio nel contesto della festa del Rimedio nel suo romanzo, emerga un amore sincero tra i protagonisti, don Giacinto e Grixenda, sottolineando così il ruolo centrale di queste celebrazioni nell’intreccio delle relazioni umane.

Il critico Massimo Pittau, accurato studioso della lingua e della letteratura sarda, propone un’interessante interpretazione della storia d’amore tra Don Giacinto e Grixenda nel romanzo Canne al vento di Grazia Deledda. Secondo Pittau, tale storia avrebbe radici nella vita reale della scrittrice, poiché sarebbe ispirata a un suo sentimento amoroso nei confronti di Giacinto Satta, un noto scrittore e pittore originario di Orosei.

L’incontro tra Grazia Deledda e Giacinto Satta sarebbe stato favorito dalla loro collaborazione alla rivista “Vita Sarda” a partire dal 1891. Pittau suggerisce che, in questo periodo, la giovane scrittrice potrebbe aver subito il fascino del più maturo Giacinto Satta, che era più anziano di vent’anni rispetto a lei. La scelta del nome “Giacinto Pintor” per il protagonista maschile di “Canne al vento” potrebbe, secondo Pittau, riflettere il riferimento alla professione di pittore di Giacinto Satta.

Inoltre, secondo Pittau dietro la famiglia Pintor si celerebbe la famiglia Satta-Guiso di Orosei, ovvero la famiglia di Giacinto Satta. Pittau rileva che Canne al vento è unico tra i romanzi di Deledda nel dedicare così tanto spazio e profondità alla storia d’amore tra un uomo e una donna. Questa particolare attenzione potrebbe suggerire un coinvolgimento personale e profondo da parte della scrittrice nella rappresentazione di questo amore contrastato.

In definitiva, l’ipotesi di Pittau suggerisce che dietro la trama di “Canne al vento” ci sia un elemento autobiografico: un’affettività vissuta dalla stessa Deledda nei confronti di Giacinto Satta. Tuttavia, è importante notare che queste interpretazioni possono variare e che la vera natura dell’ispirazione dietro il romanzo rimanere aperta a diverse interpretazioni.

 

BIBLIOGRAFIA

Centro studi G. Guiso, Santuario di nostra Signora del Rimedio di Orosei: con notizie preliminari sulla introduzione e diffusione del culto verso la Madonna del Rimedio nell’antica diocesi di Galtelli, Grafiche editoriali Solinas, Nuoro, 2004. 

 De Giovanni Neria, Il Cammino di Efix tra i luoghi di Canne al vento, Edizioni Nemapress, Alghero, 2013.

Pittau Massimo, Grazia Deledda per Giacinto Satta. Un amore giovanile?, in “La grotta della Vipera, nn. 64-65, Cagliari 1993, pp. 14-17.

Piredda Benvenuta, Le tradizioni popolari sarde in Grazia Deledda, Edes, Sassari, 2010.

condividi su