Il Giubileo della Vita consacrata

Prima della Messa il rito della Candelora e il passaggio per la porta Santa

«Una vita giocata per il Signore»

 

«Anche quando siamo pochi e ne sentiamo il peso non dovremo avere paura. Ci resta solo da pregare e vivere l’intimità e il rapporto con il Signore al quale abbiamo dato la vita. L’abbiamo giocata per Lui».
È questo uno dei passaggi più sentiti dell’omelia che il Vescovo ha rivolto alle consacrate e ai consacrati durante la celebrazione ad essi dedicata lo scorso 2 febbraio in Cattedrale. La Messa è stata preceduta dal suggestivo rito della Candelora, nel cortile della chiesa. Il passare delle fiammelle da una candela all’altra è stato un tangibile segno di unità per il piccolo gregge che ha circondato il Vescovo nel momento della benedizione e ha poi percorso in processione con lui il tragitto fino al sagrato. Il passaggio della Porta Santa ha sancito il carattere giubilare della funzione, inserita pienamente nelle celebrazioni per l’Anno Santo della Misericordia e insieme conclusione dell’Anno della Vita Consacrata proclamato da papa Francesco nel novembre del 2014 e chiuso, appunto, nel giorno della Festa della Presentazione di Gesù al Tempio.
Il Tempio è richiamato dalla prima lettura nel libro di Malachia e nel ritornello del Salmo, come pure – ha ricordato il Vescovo – nell’Invitatorio dell’Ufficio delle letture del giorno, oltre che nel Vangelo: ma qual è il Tempio nel quale il Signore vuole entrare? «Lui viene a noi – ha affermato il Vescovo – e vuole entrare nel tempio che è la nostra persona, per fare comunione d’amore con noi. Viene non per prendersi cura degli angeli – ha proseguito citando la seconda lettura – viene nel nostro cuore non sempre puro, un po’ pasticciato, viene per prendersi cura di noi e diventare sommo sacerdote misericordioso».
Quest’incontro, questa venuta richiede una decisione, «Lui conosce le mie debolezze ma chiede che mi schieri: “sei con me? Vuoi stare con me?”. Lui è segno di contraddizione, come uno spartiacque, sono con Lui o no? Mi chiede solo questo. Viene a prendersi cura di me, spetta solo a me la risposta» – ha detto ancora monsignor Marcia.
Il secondo passaggio dell’omelia ha come tracciato un bilancio alla chiusura dell’Anno della Vita consacrata, fa innanzitutto esprimere un ringraziamento al Signore «che ci ha scelto e viene a offrire la sua misericordia», ma domanda anche una verifica di quanto il Papa aveva chiesto all’inizio di questo speciale anno. Francesco, nella lettera ai consacrati del 21 novembre 2014, aveva indicato tre obiettivi e altrettante attese per la Vita consacrata: l’obiettivo di essere missionari, banditori della Sua misericordia, confessando la nostra piccolezza e la sua grandezza, ancora quello di lasciarsi interpellare dal Vangelo – Lui è lì – e il terzo quello di abbracciare il futuro sapendo chi è Colui al quale crediamo, una certezza che dà speranza e serenità. Le attese del Papa erano quelle di vedere consacrati portatori di gioia, capaci di svegliare il mondo, esperti di comunione.
Altre tre indicazioni sono giunte da Francesco in occasione dell’incontro con i consacrati e le consacrate – a cui ha partecipato anche una delegazione della diocesi accompagnato da don Giovannino Puggioni – lo scorso 1 febbraio. In quell’occasione ha parlato di obbedienza, di comunione e comunità, di preghiera. A queste parole il Vescovo Mosè ha accostato quelle della Evangelii Gaudium invitando consacrate e consacrati a non lasciarsi rubare innanzitutto la propria persona, poi la forza missionaria, essendo realisti, pieni di speranza, ha invitato a non essere consacrati pentiti, ancora a non lasciarsi rubare l’ideale dell’amore fraterno, della comunità, essere donne e uomini di comunione, abbandonando il terrorismo delle chiacchiere di cui parla il Papa.
Non lasciamoci rubare la speranza – ha esortato – siamo anfore nel deserto spirituale verso il quale siamo mandati, siamo anfore per chi ha sete di Dio. Con la speranza che il risorto è con noi e non ci abbandona.
Infine l’invito alla preghiera e ancora una volta a lasciare entrare Dio nella nostra vita, «apparteniamo a Lui» – ha concluso.
Prima della benedizione finale ha preso la parola don Giovannino Puggioni, vicario episcopale delegato per la Vita consacrata, che ha voluto ringraziare i presenti richiamando alla comunione e ricordando i momenti di incontro e conoscenza reciproca vissuti durante l’anno appena trascorso «vivendo e scambiando la gioia della consacrazione. L’auspicio – ha detto – è quello di continuare a camminare insieme nel segno di una vita che ha senso perché consacrata a Lui e che a Lui restituiamo».

f. c.

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