La chiusura della Visita pastorale a Ottana

La coerenza dell’essere cristiani

Le parole di monsignor Marcia a conclusione della settimana a Ottana

Il Vangelo del giorno e l’amministrazione del sacramento della Cresima a due adulte sono per il Vescovo l’occasione, a conclusione della Visita pastorale a Ottana sabato 24 settembre, di un discorso netto sull’essere cristiani, su cosa significhi, su cosa comporti: «Come Gesù morire per gli altri, dando la propria vita per gli altri» – ha detto monsignor Marcia.
Il sole illumina la facciata della splendida Basilica di San Nicola libera finalmente dai ponteggi (ma gli interventi di restauro non sono ancora conclusi). All’interno del tempio, austero e maestoso nella sua semplicità, risuona la Parola di Dio: “Mettetevi bene in mente queste parole – recitava il Vangelo di Luca proclamato dal parroco –: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini”. «Traducendolo con parole diverse – ha spiegato il Vescovo – mettevi bene in mente che essere cristiani è lottare e morire, è morire per gli altri, è dare il senso alla propria vita, quello stesso senso che ha dato Cristo: ed è morire. E Gesù nel Vangelo non ha paura di perdere anche i 12 quando a un certo punto dice “volete andarvene anche voi?”. Lo dice quando tutti lo hanno abbandonato e Pietro, senza capire cosa diceva, ha risposto: “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”. Essere cristiani è seguire il Cristo e il Cristo ha una sola strada: morire». Bisogna avere la consapevolezza che essere Chiesa significa ormai essere una minoranza, ma «una minoranza che è pronta a giocare tutta la vita per gli altri. Se siete capaci, se avete buona volontà, se avete capito questo – ha proseguito rivolgendosi alle due cresimande – ha senso ricevere la Cresima, altrimenti no».
La prima lettura, tratta dal libro del Qoèlet viene in aiuto al ragionamento, fa vedere «che il senso della vita è il non-senso. Il Qoèlet sembra un libro pessimista – ha affermato monsignor Marcia –invece se letto attentamente non lo è per nulla, vuole alla fine farmi capire e domandarmi: che senso stai dando alla tua vita? Che senso stiamo dando noi alla nostra vita cristiana?»
All’inizio della Visita pastorale, una settimana prima, il Pastore si presentava come colui che veniva a «condividere la fatica della fede con questa comunità», anche a Ottana possono esserci tanti motivi per vivere questa fatica, «ma l’essere chiesa è vivere questa fede – ha detto. O abbiamo il coraggio di vivere questa fede o non ha più senso». Da qui l’invito a una condotta di vita cristiana coerente: «In certi momenti la fede è fatta di contorno ma non di sostanza. Mettiamo la sostanza in uno stile di vita, in un modo di essere, in un modo di impostare la nostra vita oppure mettiamo la sostanza dell’essere cristiani nello star bene?». Ritorna la parola del Vangelo, alle parole di Gesù i discepoli non rispondono, “non ne coglievano il senso e avevano timore di interrogarlo”, «avevano paura di capirlo – ha proseguito –, intuivano cosa voleva dire ma non volevano avevano paura di capire. Forse anche noi abbiamo paura di capire cosa vuole dire essere cristiani».
Con la Cresima si riceve il dono dello Spirito Santo, i suoi sette doni, numero che indica la pienezza e la totalità. Quei doni sono la fortezza che diventa sapienza, l’intelletto, il timor di Dio: è l’identikit del cristiano. «Fortezza – ha affermato monsignor Marcia – significa avere una spina dorsale, una schiena dritta davanti alle difficoltà della vita per dare alla vita il senso, il sapore (ecco il dono della sapienza) cristiano. Intelletto è la capacità di leggere dentro la realtà, noi cerchiamo altri valori, altre realtà, e cercando altri valori perdiamo il senso di questo vivere e allora ci arrabbiamo, perché le cose non vanno secondo i nostri progetti, ci arrabbiamo perché altri ci disturbano, allora puntiamo il dito e siamo terribilmente chiusi, individualisti ed egoisti». Però lo Spirito Santo interviene «ricordando di avere il timor di Dio, non paura di Dio ma paura di perdere Dio. Ma noi chiediamocelo, per modificare qualcosa nella nostra vita, per cambiare lo stile di vita: abbiamo paura di perdere Dio – ha domandato il Vescovo – o abbiamo paura di perdere lo stipendio, il lavoro, di perdere altro? allora che cristiani siamo?» Essere cristiani, vivere la propria fede non è facile «ma il dono della fortezza ci rende persone che non giocano al compromesso, persone che hanno una coerenza. La nostra società non ci invita molto alla coerenza, tutt’altro, ecco ricevere la Cresima per capire di più della propria vita, per dare un sapore alla vita, per vivere con coerenza, per aver paura di stare soli perdendo Dio».
I doni dello Spirito però non vanno tenuti nel cassetto, lo Spirito agisce nella misura in cui gli diamo spazio, «rispetta la mia libertà» e chiede autenticità: «Come gioco la mia vita? per apparire o per essere veramente, gioco ad essere cristiano o veramente lo sono, gioco alla coerenza o veramente sono coerente? Voi che ricevete la cresima – ha quindi esortato – siate cristiane autentiche, non giocate a fare i cristiani. E se lo sarete incomincerete a dare una mano anche risolutiva nel cercare la giusta soluzione a tutti i problemi, anche sociali, di questa comunità». L’ultimo pensiero è proprio per il paese di Ottana, il lavorare insieme è l’unica strada per potenziare il bene che, oltre tutte le difficoltà, la comunità possiede. Ma è un lavoro che chiede di essere «cristiani tutto d’un pezzo». (fra.co.)

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