La chiusura della Visita pastorale a Sarule

«Giovani, rischiate la comunione»

Dal Vangelo il richiamo a non considerarsi giusti e così scoprire la misericordia

I giovani sono amanti del rischio e ce n’è uno in particolare che vale la pena vivere: il rischio di «creare comunione». Questa meta alta ha indicato ai giovani di Sarule monsignor Marcia al termine della Visita pastorale, «rischiate la comunione, giocate per essere comunione» anche se c’è il rischio di trovarsi un po’ isolati. E ancora «camminate con gli altri – ha chiesto il Vescovo – rischiare comunione significa non stare solo con quelli più vicini ma con il diverso da voi, con chi la pensa in modo differente da voi, nello studio, nella scuola, nel lavoro. Rischiate comunione nella fede, abbiamo visto con le famiglie – ha raccontato – la fatica di mettere in comunione la fede anche nella stessa coppia ma è superando e vivendo questa fatica riusciamo a creare la comunione». Questo significa dire «no all’individualismo che divide e crea chiusure». Ma per fare comunione, ha aggiunto il Vescovo, «occorre anche molta formazione». A questo proposito ha confidato quale sia stata la cosa più bella della settimana vissuta con la comunità, al di la dei tanti stimoli positivi: «La cosa più bella sono i vostri ragazzi. Quelli delle elementari, fa piacere stare con loro, ma anche quelli più grandi, quelli delle medie. Ho trascorso un’ora con loro, 50 ragazzi che fanno silenzio e sono in ascolto, capite che è un tesoro? una bellezza? Ma questo vuol dire anche che stanno cercando, che sono assetati di capire, di formazione, di crescita, e questo è un tesoro. È la novità della vostra comunità, c’è tanto da giocare con loro, c’è tanto di bello a Sarule».
Ancora un richiamo al coraggio di rischiare, non solo con i bambini e con i ragazzi, «rischiare con Dio fidandoci di Lui, non sempre ci fidiamo», ancora «rischiare con il prossimo a tutti i livelli, dando fiducia» e infine «rischiare con noi stessi, anche se tante volte non abbiamo neppure il coraggio di giocare due minuti per noi».
La riflessione del Vescovo è stata guidata dalle letture del giorno, in particolare dal brano del Vangelo che presenta la preghiera del fariseo e quella del pubblicano. «E noi – ha domandato – ci sentiamo abbastanza “giusti”? Dobbiamo chiedere perdono, oggi in particolare, dei peccati che in campidanese si direbbero di “crastulimini” – il “contulariare” in nuorese – cioè il peccato di giudicare il prossimo sentendosi giusti, sentendosi a posto. Questo atteggiamento – ha detto – è quello che rovina la famiglia, la comunità, la forania, il nostro essere Chiesa». Un primo monito a mettere in guardia da quelli che papa Francesco chiama “peccati parrocchiali”, «se siamo Chiesa – ha detto monsignor Marcia – dobbiamo accoglierci l’un l’altro ma se abbiamo la lingua lunga e se siamo pronti solo a giudicare gli altri ci troviamo ad essere più vicini al fariseo che al pubblicano». Viene in aiuto la prima lettura tratta dal Siracide, che presenta il Signore come giudice che non fa differenze di persone e dice che la preghiera del povero è in grado di attraversare le nubi e arrivare a Dio che l’accoglie. «Allora forse dobbiamo avere un altro modo di gestire la nostra vita e d’altra parte – ha proseguito – essere Chiesa vuol dire anche cercare Dio. Se vogliamo cercare Dio la strada è quella del pubblicano, quella dell’umiltà, della verità, e se guardiamo alla verità chi di noi è senza peccato? chi non ha infranto la legge di Dio? chi di noi è in perfetta comunione con Dio? e allora devo abbassare la testa davanti al Signore e dire “Signore perdonami, perdonami perché sono davvero un peccatore” ed è in questo atteggiamento che noi riusciamo a incontrare Dio. E se siamo onesti troviamo due cose. La prima: troviamo Dio che è esperto, capace di misericordia. Proprio perché riconosciamo quello che siamo, la nostra debolezza, la nostra pochezza e fragilità senza confrontarci con gli altri, il Signore ci guarda e ci incoraggia, ci tende una mano, viene a cercare noi pecorelle smarrite e ci trova dove stiamo sbagliando, nel buco in cui siamo caduti, troviamo e facciamo esperienza di un Dio ricco di misericordia». Ma c’è anche un altro aspetto, «se stiamo attenti, in questa parabola, troviamo anche noi stessi. Noi come capaci di spavalderia, di tracotanza, ed è la cosa peggiore anche a livello umano, la stessa tracotanza che abbiamo a volte anche davanti al Signore. Noi dovremo allora fare esperienza di una preghiera autentica, che mi pone in comunione con Lui e mi pone in comunione di verità».
Le parole di Paolo a Timoteo, “ho combattuto la buona battaglia… ho conservato la fede” ispirano la preghiera finale, «chiediamo al Signore – ha detto il Vescovo – che nonostante quelli che sono i nostri problemi, le nostre difficoltà, che noi possiamo conservare la fede, la fiducia in lui, la fiducia nel prossimo, la fiducia in noi stessi. Possiamo fare con Lui ancora tanta bella strada».
La Visita a Sarule ha chiuso anche quella nella Forania “Madonna di Gonare”, per questo al termine della celebrazione il parroco di Orotelli don Franco Pala ha ringraziato il Vescovo a nome di tutti i confratelli. Parole di ringraziamento anche dal parroco don Roberto Carta, «la Visita inizia ora – ha detto –, ora dobbiamo riprendere la nostra pastorale più forti». Questa settimana ha «decretato l’insuccesso di pensieri come “non abbiamo capito” o “non cambierà mai niente”, il successo è la voglia di impegnarci – ha affermato don Roberto –, di crescere con il Signore. C’è tanta voglia di rischiare». La sfida è accettata. (fra. co.)

condividi su