Perché morire giovani?

Un ragazzo di 18 anni morto di incidente a La Caletta, un bimbo di tre anni ucciso dal trattore guidato dal nonno a Capo Comino; una donna assassinata a Nuoro dal suo ex compagno; un bimbo di un mese e mezzo morto a Orosei nell’ambulatorio del medico. Tragedie, diverse nella loro modalità, ma accomunate da un dolore profondo e trasversale che scuote tutta la Diocesi. Il vescovo Mosè Marcìa – assente per alcuni giorni per cause di forza maggiore – si è ritrovato al suo rientro in sede a percorre una via dolorosa difficile da affrontare. E se il femminicidio di Nuoro impone una riflessione a parte («io per primo mi interrogo sulla nostra capacità di donarci, della vita come dono da regalare anche agli altri, dell’amore confuso col possesso, dell’egoistico diritto senza doveri»), restano lo sconcerto che può trovare consolazione solo con la fede. Ha visitato le famiglie in lutto monsignor Mosè. Ha dialogato a lungo domenica con le due madri di Siniscola. «Perché morire giovani?». Cercare una risposta insieme alle mamme di Emanuele e Silvano non è stato facile né conclusivo. Poi, nel primo pomeriggio di lunedì, la notizia della tragedia di Orosei. Un altro piccolo, piccolissimo angelo, volato in Cielo dopo poche pochissime settimane di vita. Altre domande altri dubbi e una sola certezza, il bastone delle Sacre Scritture su cui poggiarsi.
Dal libro della Sapienza:
Divenuto caro a Dio, fu amato da lui e, poiché viveva fra peccatori, fu portato altrove.
Fu rapito, perché la malvagità non alterasse la sua intelligenza o l’inganno non seducesse la sua anima, poiché il fascino delle cose frivole oscura tutto ciò che è bello e il turbine della passione perverte un animo senza malizia. Giunto in breve alla perfezione, ha conseguito la pienezza di tutta una vita. La sua anima era gradita al Signore, perciò si affrettò a uscire dalla malvagità. La gente vide ma non capì, non ha riflettuto su un fatto così importante: grazia e misericordia sono per i suoi eletti e protezione per i suoi santi. Il giusto, da morto, condannerà gli empi ancora in vita; una giovinezza, giunta in breve alla conclusione, condannerà gli empi, pur carichi di anni. Infatti vedranno la fine del saggio, ma non capiranno ciò che Dio aveva deciso a suo riguardo né per quale scopo il Signore l’aveva posto al sicuro.

© L’Ortobene

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