L'omelia

Con lo sguardo e il passo del Redentore

Le parole del Vescovo Antonello nella solenne concelebrazione del 29 agosto

Ecco il testo dell’omelia pronunciata dal Vescovo Antonello Mura in occasione della Santa Messa in onore di Gesù Redentore celebrata nel parco comunale del Monte Ortobene alla mattina del 29 agosto 2022.

 

[Letture: Is 52,7-10; Salmo 97; Eb 1,1-6; Lc 7, 36-50]


 

“Vedi questa donna?”. Nel vangelo oggi proclamato Gesù si rivolge al fariseo che lo sta ospitando e gli fa una domanda non banale. Simone, che lo ha infatti invitato a pranzo, vede in quella donna solo una peccatrice, lui – che come   Figlio di Dio ha lo sguardo di Dio – vede invece oltre, vede gesti di amore, vede una persona nuova.

“Vedi questa donna?” dice Gesù, ed è come se gli dicesse: “Tu non l’hai vista. Continui a guardarla secondo i tuoi schemi, continui a vederla al passato. Tu, caro Simone, non vedi!”.

Stamattina siamo invitati ad assumere lo sguardo di Gesù su noi stessi, sugli altri e sulla realtà. I suoi sguardi sono sempre capaci di recuperare alla vita chi si era perduto e, chi, vittima dei pregiudizi altrui, ha solo lui come Salvatore e Redentore.

Ma invito me e voi a compiere anche i gesti che questa donna esegue al cospetto di chi, il Signore Gesù, l’accoglie senza preclusioni.

Se noi davvero “vediamo questa donna”, liberiamoci allora dalla paura e dalla vergogna e imitiamola con i suoi gesti. Lei si inginocchia ai piedi di Gesù e rannicchiata piange; con le sue lacrime bagna quei piedi, li lava dalla polvere e poi coi suoi lunghi capelli li accarezza, li asciuga e li bacia. E non basta ancora, non si ferma… più: li cosparge con un unguento profumatissimo, l’olio di nardo, pregiato e costosissimo. Usa cioè tutto quello che aveva, rompendo – come scrive un evangelista –  persino la boccettina che lo conteneva per non lasciarne dentro neanche una goccia.

Gesù, che vede nel cuore di ogni persona, coglie nei gesti di questa donna il desiderio di essere ancora amata nonostante i suoi sbagli, e lei ne riceve il perdono proprio perché è una donna che sa amare. In questo modo Gesù segna sempre più la differenza tra la vera fede in lui e l’ipocrisia di coloro, come Simone, che degli altri tutto osservano fuorché i gesti dell’amore. Corriamo il rischio di una fede anaffettiva, formale, che non vede e non vuol guardare ne approvare nulla di quanto Dio vede e di cui lui continua a gioire.

La pandemia dalla quale è difficile guarire è il distanziamento del cuore, che ci porta a non contagiarci più d’amore, ne ad apprezzarne i gesti, evitando così, non certo per paura del virus – anzi da prima – di accorgerci del valore che ha un abbraccio, un gesto, un’attenzione concreta agli altri. Dio invece non smette di avere verso di noi questi atteggiamenti e questa donna continua a ripeterci che i suoi gesti possono continuare a salvarci e saranno sempre amati da Gesù.

Le azioni della donna del Vangelo sono rivolte verso i piedi di Gesù e questo permette di recuperare alla riflessione la scelta dell’artista Jerace quando crea   la statua del Redentore. Che non penso sia causale. Negli anni scorsi dopo averne messo in evidenza prima la grandezza e dopo lo sguardo, mi voglio soffermare, in continuità col Vangelo, proprio sui piedi.

Leggo infatti in essi un aspetto interessante della vita del Redentore, del Signore Risorto che chiamiamo salvezza della nostra vita. Sono piedi rappresentati come sospesi, ed esprimono bene la leggerezza dei movimenti nonostante la grandezza della statua. Sembrano dirci simbolicamente che Lui passa ovunque, in ogni luogo e in ogni tempo. Inoltre, un piede più slanciato rispetto all’altro, ci ricorda che sta sempre in cammino, a dimostrazione che il suo compito è sempre quello di camminare, di essere presente sulle nostre strade, ricordandoci che ogni persona e ogni luogo sono il suo posto. Anche quel volto di bambino dietro il piede destro, secondo l’artista, ci ricorda che al suo cospetto tutta l’umanità è come un infante, che grazie a lui può crescere.

Gesù è descritto nel Vangelo come un gran camminatore e non faccio fatica ad immaginare con voi che i suoi piedi riflettevano questo desiderio di raggiungere le persone, di farsi prossimo di chi aveva bisogno. Lui aveva quella bella fretta di annunciare buone notizie per ognuno, e di far scoprire a tutti come Dio sia un Padre. Immagino non solo piedi polverosi, date le strade di allora – e per questo essere accolto in una casa meritava il gesto di lavarli – ma anche piedi callosi, provati da tutte le strade, talvolta piedi stanchi, che però non riuscivano a bloccare il suo desiderio di mettersi in movimento verso le persone, con coraggio. 

Mi sono incuriosito a osservare i piedi della nostra statua e non ho fatto fatica ad immaginare quelli di Gesù. Sono così possenti che è impossibile non lasciare un’impronta, un segno nel terreno, immagine di quella che lascia nel cuore. Non c’è infatti in Lui impronta labile o superficiale, non ci può essere in noi – se camminiamo con Lui – adesione provvisoria o solo esteriore.

Lui ci cambia, cambia il nostro modo di mettere i passi nella vita. E come suona bene, accostata a Gesù e provocatrice per noi, l’espressione ascoltata oggi dal profeta Isaia: Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio.

Abbiamo bisogno di piedi e di messaggeri che seguono il passo della storia senza aver paura di guardare avanti e senza aver paura di fermarsi per riflettere, per vedere oltre, per inaugurare tempi nuovi. Perché camminare con il Risorto, col Redentore, questo comporta.

Una bella espressione poetica dice che I virtuosi camminano, i sapienti corrono, gli innamorati volano. Abbiamo bisogno di gente innamorata che non tradisca il desiderio di Dio sulla vita, sugli altri, sulla natura – quanta violenza nei suoi confronti – sul futuro. Gente che ami la Chiesa e non si fermi, inquinando i pozzi di grazia, ad amare solo se stesso.  Troppa gente, anche tra i credenti, ha oggi sguardi bassi, piedi fermi e cuore anaffettivo. Meglio gente sfiancata e sfinita, che gente fiacca e improduttiva. Meglio piedi che sanno camminare con gli altri, nella Chiesa e nella società, che esploratori solitari e individualisti.

Sì, i nostri piedi parlano di noi, come quelli di Gesù parlano di Dio. Permettetemi anche di pensare a chi fa fatica a camminare nella vita e nella fede, a coloro che non possono camminare. Sono tanti. Avrebbero bisogno di accompagnatori, di amici, talvolta anche di professionalità. Ognuno di noi conosce infatti persone e situazioni che avrebbero bisogno di riprendere la vita in mano, che si sono fermati delusi o stanchi; gente che non spera più, non ama più e ha occhi spenti sul proprio futuro. Colpisce in particolare che in questa stagione anche andare a curarsi, camminare cioè quando si è malati verso la corsia di un ospedale, è diventato un dramma invece di essere una soluzione. Terribile.

Chi cammina oggi verso i malati? Chi ha intenzione di non togliere il tema della sanità dal dibattito pubblico? Coraggio! Chi ha progetti ce li faccia conoscere, chi ha idee concrete le esponga, ma per favore non si permetta che tutto il tema della salute sia in capo solo ai medici e agli operatori sanitari, già stressati dal superlavoro e spesso inascoltati. Donare e salvare la vita è stata la missione del Redentore, chi ne ama la volontà e i gesti cerchi di imitarlo almeno un po’.

La donna raccontata dal Vangelo di oggi ci ricorda una cosa straordinaria per ognuno di noi, più forte e forse più necessaria anche della stessa fede debole o meno che ognuno si riconosce. Lei ci ricorda che l’amore non fa peccati. L’amore contiene tutto, tutti i doni e tutti i doveri (M. Bellet). E che la nostra vita non sbaglia mai se scommette in partenza sull’amore. Lei ci mostra che un solo gesto d’amore, anche se muto e senza eco, è più utile per questo nostro mondo dell’azione più clamorosa, dell’opera più grandiosa. Questa è la vera rivoluzione portata da Gesù, possibile a tutti, possibile a me e a te, ogni giorno.

Continueremo a salire e a scendere qui all’Ortobene, cammino sempre bello e spettacolo sempre affascinate, ma proviamo più e meglio di ieri a farlo camminando sui passi del Redentore, sulle sue impronte, con le sue parole e con i suoi gesti. Due passi col Redentore quindi, non solo due passi all’Ortobene.

E Maria, nostra Madre, amica delle nostre gioie e dei nostri dolori, ci stia vicina. Lei e il suo Figlio continuano a credere in noi. 


Ecco alcune foto della celebrazione delle 11.00 e del pellegrinaggio mattutino per gentile concessione di Marino Locci.

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